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Legalità e Costituzione: il dibattito è aperto. Santalucia (Anm) ai giovani: ciò che attiene alle Istituzioni vi riguarda

Il presidente dell'Associazione nazionale magistrati lunedì 25 interverrà a Messina all'incontro "Dialoghi con la Magistratura" che vedrà protagonisti studenti e studentesse. A loro si rivolge nell'intervista pubblicata oggi sull'inserto Noi Magazine di Gazzetta del Sud

Dialogare, in particolare con i giovani. È la modalità necessaria che, attraverso la dialettica e il confronto, può consentire una effettiva partecipazione civica e condivisione di ideali e percorsi i quali, da una visione globale, conducono poi al corretto orientamento delle valutazioni individuali. Fondate, però, su una reale consapevolezza. E proprio l’approfondimento con il pubblico giovane si afferma come modalità d’elezione, quando si vuole conferire al dibattito una dimensione contemporanea e particolarmente efficace. Esemplare, in tal senso, è stato il recentissimo incontro del presidente della Repubblica Sergio Mattarella al Quirinale con un gruppo di influencer, cioè di personaggi seguiti sul web, per parlare ai giovani con il loro linguaggio di un argomento universale come la nostra Costituzione.
E quella del dialogo sul tema dei diritti della persona e della giurisdizione che ne garantisce la salvaguardia è anche la scelta operata dall’Associazione Nazionale Magistrati, che proprio in questi giorni promuove una serie di eventi nazionali. In una giornata come quella di oggi, dedicata proprio alla sensibilizzazione forte e condivisa sul contrasto all’illegalità, ne parliamo con il presidente Giuseppe Santalucia, che lunedì prossimo interverrà all’evento in programma a Messina.

Presidente Santalucia, la cultura della legalità è un valore prezioso, che proprio la scuola deve contribuire a promuovere tra i più giovani. Oggi se ne avverte profondamente il bisogno, non soltanto in chiave strettamente giudiziaria, ma quale approccio responsabile al rispetto del diritto e dei diritti della persona...
«Di una cultura della legalità, intesa come premessa e finalità di una cittadinanza consapevole, si è sempre avuto bisogno. Solo per mezzo di essa si possono evitare spinte disgregatrici e comportamenti antisociali, assumendo la cultura delle regole come collante di una comunità che ci riconosca come soggetti uguali, ma ciascuno nella sua irriducibile diversità».

«Oggi, più che in passato, si dispone diffusamente di strumenti di particolare potenzialità lesiva, e che pure sono molto utili nello svolgimento del nostro quotidiano: solo a titolo di sommario esempio, posso fare riferimento a tutti i supporti informatici, che se usati senza comprensione dei limiti e delle regole possono essere di grave danno per gli altri. Ciò vale anche per i beni che la tecnica ci ha messo da tempo a disposizione: ancora un esempio banale, ma è evidente che un’autovettura, se utilizzata con cautela e rispetto delle regole della circolazione stradale, è strumento utilissimo, ma può diventare oggetto di morte se usato irresponsabilmente. La cultura della legalità è quindi, alla radice, una cultura della responsabilità. Bisogna comprendere che ogni nostra scelta e azione ci chiama a dover rendere conto agli altri, se può interferire con gli altrui diritti e libertà. La comunità ci chiama all’adempimento di doveri che derivano dall’essere parte di essa e che sono funzionali al suo mantenimento».

L'Anm ha promosso l'iniziativa "Dialoghi con la magistratura" su scala nazionale, scegliendo di rivolgersi proprio ai giovani. Qual è l'obiettivo?
«L’idea è di rivolgersi alla pubblica opinione, alla società civile per parlare di giurisdizione senza l’appesantimento del discorso tecnico, che inevitabilmente allontana i più e impedisce una piena e diffusa conoscenza di quale sia l’importanza, in termini di tutela dei diritti di ciascuno di noi, dell’attuale assetto costituzionale di un sistema di garanzie. È insistente l’accusa che da anni si muove alla magistratura, alla sua associazione, di essere contraria alle riforme, a qualunque riforma. Vorremmo essere capaci di spiegare le ragioni di una contrarietà che sono quanto di più lontano possibile da chiusure corporative e dal desiderio di mantenere chissà quali privilegi».

«La posta in gioco, quando si parla di riforme della giustizia, riguarda tutti. Di qui, il proposito di coinvolgere la società e soprattutto i giovani che sono, per fatto generazionale, i più interessati. Bisogna che comprendano che ogni questione che attiene alle Istituzioni, alla loro fisionomia, al loro modo di essere, li tocca da vicino ed è vicenda da cui non possono e non devono estraniarsi. Siamo consapevoli come magistrati di quanto sia difficile la comunicazione su questioni apparentemente complicate e per “addetti ai lavori”. Abbiamo allora pensato di rivolgere la discussione ad un pubblico più vasto».
«Al di là del guscio ostico per il tecnicismo che lo pervade, le questioni essenziali hanno un nucleo di interesse collettivo che ben può essere compreso anche da chi non è “chierico”. Il carattere di una democrazia realmente partecipata esige l’ampliamento, almeno il tentativo di ampliamento, della discussione pubblica sui temi che direttamente coinvolgono la polis».

Oggi la Giornata che ricorda le vittime delle mafie e promuove l'impegno per la cultura della legalità. Quanto è importante che, in particolare rispetto ai giovani, questo impegno sia condiviso soprattutto dalle istituzioni in ogni ambito e promosso anche con modelli e esempi concreti?
«Nel contrasto alle mafie si sperimenta forse più che in altri settori la centralità del discorso sulla legalità: legalità come condizione di libertà e di progresso, come scudo contro la sopraffazione e lo sfruttamento. All’interno di uno Stato costituzionale di diritto il rispetto della legge fa sì che si strutturi una concezione del “potere” in senso servente, come “potere” per ..., e si contrasta la tendenza a immaginarlo e viverlo come “potere” sugli altri, come dominio soggiogante».

«Nella polarizzazione tra il potere che si concepisce come fattore di promozione della persona umana e il potere come fattore di mortificazione si coglie il senso e il valore della cultura della legalità. Su questo terreno la magistratura e le forze dell’ordine sono soltanto alcuni tra gli attori che devono animare la scena. Si tratta di una operazione appunto culturale, non è in gioco soltanto la repressione dei fenomeni criminali, ed è allora evidente che una strategia di contrasto realmente efficace non può fare a meno del coinvolgimento di tutte le istituzioni pubbliche, prima fra tutte l’istituzione scolastica, a cui spetta il compito arduo ma entusiasmante della formazione».

Lei è nato a Catania e si è laureato all'Università di Messina, esercitando poi le funzioni giudiziarie tra Sicilia e Calabria: da persona che conosce perfettamente risorse, opportunità, ma anche difficoltà, dei contesti socioambientali nei quali viene vissuta la fase fondamentale della crescita personale e della formazione scolastica e accademica, quale auspicio vorrebbe rivolgere alle giovani generazioni e in particolare a quelle del Sud?
«Che il Sud riceva il riconoscimento che gli spetta; che sia sempre meno terra di emigrazione e che i suoi ingegni e le sue risorse umane possano trovare realizzazione senza dovere, prima o poi, abbandonare le città in cui si è nati. L’andare via per ragioni di studio e di lavoro deve diventare sempre più un diritto e sempre meno una necessità. Perché ciò sia non basta sperare che il futuro sia migliore del presente; occorre impegnarsi in prima persona, rivendicando il diritto di essere protagonisti della propria storia. Il disincanto, che è una caratteristica della nostra cultura, specie di quella isolana, non deve trasformarsi in una rete in cui si imbriglia e infine si spegne la speranza di un cambiamento».

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