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Sole e petrolio, pannelli e gasdotti, pale eoliche, biodiesel e raffinerie. Benvenuti al Sud, centro delle strade dell’energia

In Sicilia, nel nome di Enrico Mattei, il passaggio del gas (sempre più prezioso) che viene dal nord Africa, e le più moderne produzioni di gasolio di origine vegetale, per quasi la metà del fabbisogno italiano. E poi i giacimenti nel mare di Gela, Crotone, Taranto

Green Refinery. Inaugurata da Eni a Gela, in grado di trasformare materie prime organiche in biocarburanti di alta qualità

Sole, ma anche petrolio, distese di pannelli, pale eoliche in distanza, ma anche raffinerie di petrolio, coltivazioni di bioenergie, e grandi tubi che portano il gas dal Nord Africa all’Europa. Questo è il Sud d’Italia, una commistione di tutto quello che c’è nell’energia, spesso sovrapposto in maniera disordinata, a volte con eccellenze uniche al mondo. La crisi in cui è finita l’Europa con la guerra in Ucraina accentua l’urgenza di fare delle politiche coerenti con l’interesse dell’Italia, dell’intero Paese, e il sud Italia da sempre fa molto per l’energia e, ultimamente, per la transizione.

Nell’energia, come amaramente scopriamo in questi giorni, i tempi sono lunghissimi, servono molti anni per fare delle infrastrutture per portare altro gas verso l’Italia. Il grande gasdotto che ci lega con la Tunisia e l’Algeria sbarca a Mazara del Vallo ed è quello che più ci aiuterà nell’emergenza di questi giorni, perché dovrebbero arrivare altri 5, forse 10 miliardi di metri cubi (mld.mc) di gas aggiuntivi ai 20 che abbiamo preso nel 2021. È un’infrastruttura concepita negli anni 50 da Enrico Mattei e non a caso ha preso il suo nome. È stata realizzata negli anni 70 e i primi volumi sono arrivati nel 1983 e non si è mai interrotto il flusso, se non per poche ore, dimostrandosi una fonte di approvvigionamenti sicura, nonostante tanti anni di guerra civile in Algeria.

Pensando a Mattei, come non citare il film di Rosi del 1972 a lui intitolato e la scena in cui lo ritrae in mezzo al deserto del Sahara, in Algeria, che guarda il gas bruciare dai pozzi e sogna di portarlo ai poveri italiani. Come non ricordare le speranze date dallo stesso Mattei a Gela con la costruzione della raffineria. Oggi l’ENI sta realizzando lì un impianto per la produzione di mezzo milione di tonnellate di gasolio diesel di origine vegetale, il biodiesel, quasi la metà di tutto quello che serve al mercato italiano.

Fino ad ora si è usato tanto olio di palma per trasformarlo di biodiesel, ma si sta già passando all’utilizzo di scarti della filiera alimentare, sia oli da frittura, quelli che dovremmo tutti portare nei punti di raccolta, sia grassi animali, come quelli degli scarti delle macellerie. I volumi non sono tantissimi e allora occorre sforzarsi su altre soluzioni, come riscoprire alcuni tentativi fatti in passato su delle colture alternative, in particolare sul ricino, non direttamente in concorrenza con le coltivazioni alimentari e che cresce anche in terreni difficili che sono lasciati incolti.

Nel Sud Italia le sperimentazioni sulle alghe iniziarono già negli anni 80, ma a Ragusa, vicino a pozzi petroliferi particolari, si è fatto un progetto pilota che servirà per costruire un vero e proprio progetto commerciale su larga scala. È stato realizzato a Ragusa perché i giacimenti di gas dell’area contengono molta anidride carbonica, la CO2, quella che causa l’effetto serra e che dovremmo ridurre. Questa CO2, in grande concentrazione, è molto utile per la sperimentazione delle alghe, perché viene usata come fertilizzate per sostenere la crescita delle alghe. Ci si dimentica, infatti, che la CO2 non è un veleno, ma, al contrario, è uno dei mattoni fondamentali della vita, attraverso la fotosintesi delle piante.

Invece, la gran parte della gente crede che sia un veleno, come le polveri o gli ossidi di azoto. Fa male in atmosfera perché accentua l’effetto serra, quello che ci permette di avere una temperatura vivibile, altrimenti il nostro pianeta sarebbe una palla di ghiaccio. Le alghe sono una soluzione, perché, oltre a liberarci dalla dipendenza dei fossili, la cui combustione emette CO2, permettono anche di assorbire CO2 dall’atmosfera, dove i livelli accumulati nel passato sono già altissimi.

Belle storie queste, ma si tratta di progetti che fanno ancora poco, mentre noi, nell’emergenza della crisi ucraina, abbiamo bisogno di tanto gas per sostituire i 29 mld.mc che ci sono arrivati dalla Russia nel 2021.

Sempre a Gela, a fianco della raffineria arriva l’altro grande gasdotto che ci lega all’Africa, il Green Stream, il cui flusso di gas, di circa 5 mld.mc all’anno, non si è mai interrotto nonostante più di 10 anni di guerra civile. La capacità del gasdotto è di 10 mld.mc e pertanto già da quest’anno dovrebbero arrivare nuovi volumi. L’ultima grande infrastruttura del gas è stata realizzata in Puglia, con il Trans Adriatic Pipeline, il TAP, il gasdotto che attraversa l’Adriatico e arriva a nel comune di Melendugno in provincia di Lecce. È stato un percorso molto sofferto e lacerante per la politica locale, ma che alla fine è arrivato alla realizzazione del gasdotto che ci garantisce un po’ di sicurezza in più.

In futuro ci sono altri progetti, come quello di fare un altro gasdotto che porti gas dalla parte più orientale del Mediterraneo dove ci sono enormi riserve. Sempre sul gas, occorre pensare alle riserve italiane e a quelle che esistono ancora nel sud Italia. È da poco partito lo sfruttamento dei due giacimenti di Cassiopea e Argo nel mare di fronte a Gela, ma altre riserve si trovano nel mare di fronte a Crotone e a Taranto.

Il futuro del sud Italia nell’energia è, come tutti vogliamo, soprattutto solare e eolico, che però incontrano troppi intoppi nel processo autorizzativo e che richiedono, vista l’urgenza della crisi, percorsi più veloci. Occorre che tutte le persone accettino che qualcosa nell’energia occorre fare e che se non vogliamo i grandi impianti a fonti tradizionali perché inquinano, allora occorre ricorrere alle rinnovabili, che, certamente, hanno anch’esse problemi e non sempre sono belle da vedersi.

L’altro grande problema, tuttavia, dell’energia dal sole e dal vento, è che sono intermittenti e che necessitato di forme di accumulo dell’energia, per quando ce n’è in abbondanza per poi essere utilizzata quando ne manca. Siccome le batterie, come quelle dei nostri telefonini, di grandi dimensioni non ci sono, allora serve ricorrere agli stoccaggi tradizionali, grandi laghi artificiali, dove pompare l’acqua dal basso con l’elettricità prodotta quando c’è molto sole e molto vento.

Quando serve l’elettricità, per il picco di domanda o perché il vento non soffia ed è buio, allora si lasca cadere l’acqua e si produce l’elettricità che serve. È una soluzione importantissima per il Sud Italia perché gli invasi servirebbero anche per l’irrigazione in agricoltura e per gli acquedotti per gli usi civili.

Questa è anche un’occasione per dirottare un maggiore ammontare di fondi del PNRR verso questa soluzione, anche per andare incontro alla crisi energetica. Nel sud Italia si fa innovazione e cambiamento nell’energia da sempre, ma nei prossimi anni, per crisi o per transizione ecologica, occorre un’accelerazione, che sarà una grande occasione per il Sud, questa volta da non perdere.

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