No, non si ruba a casa di Paolo Rossi. Se l’addio prematuro di Pablito ha raggelato il cuore degli italiani, il furto perpetrato in casa dell’eroe Mundial – proprio mentre era in corso l’ultimo saluto – suona di sconfitta, di resa incondizionata. A guardarla in faccia, questa società, viene da voltarsi dall’altra parte. Non si può far del male a un dispensatore di gioia, al simbolo di un’Italia che plana sopra le difficolta e vince. Vince anche se nessuno gli dà credito. Ecco perché da Bolzano a Palermo amavano e amano Pablito. Ecco perché dalla Val d’Aosta alla Sicilia sono rimasti tutti di sasso alla notizia della profanazione dell’ultima dimora di Rossi. Non che rubare in casa di qualcuno – che non sia Rossi – durate il suo funerale sia meno grave. Ma, in fondo, Pablito era una persona normale. Che meritava rispetto, soprattutto nel giorno del suo addio.
Orgoglio pitagorico
Tanto tuonò che piovve e, per una volta, diluviò. Dopo un digiuno lunghissimo il Crotone ha vinto la sua prima partita in serie A. Quasi mille i giorni trascorsi dall’ultimo successo dei pitagorici nel gotha del calcio italiano. L’ultima volta, il 29 aprile del 2018, c’era stato un altro 4-1 sonante contro il Sassuolo. Stavolta ha pagato dazio la rivelazione Spezia. La squadra di Stroppa si è ritagliata una giornata di gloria volando sulle ali carioca di Messias. E proprio in uno degli ultimi appelli per salire sul treno salvezza. I rossoblù devono ripartire dal poker allo Spezia. Sperando che l’avvento del Messia(s) non sia troppo tardivo.
Reggina e Cosenza indietro
Notte fonda nella Calabria cadetta. B come bocciatura, al momento, per la Reggina del patron Gallo. La promozione in pompa magna, un mercato durato quattro mesi, lo sbarco da nababbo di Menez e poi? Dieci punti in undici partite. Fa bene il ds Taibi, fino a ora, a difendere il tecnico reggino Toscano. La cadetteria è un campionato strano, ma meglio abituarsi in fretta. Oggi contro il Venezia c’è l’ultima chiamata. Altrimenti ci sarà molto da discutere. Chi invece non sembra ancora essersi ambientato in categoria è il patron Guarascio. Anche quest’anno ha ritardato qualsiasi cosa ritardabile e il suo Cosenza ha iniziato con il solito ritmo fiacco da una vittoria in undici gare, per poi, magari, preparare la solita rimonta miracolosa (che Dio solo sa se ogni volta affidarsi al cielo e alle stelle possa portare sistematicamente risultati). Di nuovo c’è che il manico funziona, perché la squadra segna poco, è vero, ma produce come una squadra di vertice. Occhiuzzi può cambiare il trend dei risultati. In barba a chi vorrebbe già crocifiggerlo. Perché l’aria, intorno al tecnico del Cosenza, è già esattamente quella...
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