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Superlega, lo scisma del pallone e l'ipocrisia dei luoghi comuni. Ma sinora dove eravate?

L’equazione è semplice: mettere assieme in un unico torneo le squadre migliori e con maggior seguito per avere tifosi e soprattutto sponsor disposti a pagare qualsiasi cifra per assistere a questo spettacolo. Ma per quanto elementare e col “marchio” di garanzia importato dagli sport Usa (Nba in primis, anche se un po’ scimmiottata) non è detto che funzioni. Anzi. Il vecchio continente è altra cosa e a giudicare dalle prime 36 ore di reazioni la sensazione è che il cammino della Superlega sarà disseminato di mine anticarro.
Non siamo così ingenui da pensare che tutti questi “no” al progetto traggano origine da quell’ideale romantico legato a storia, tradizione dello sport, amore dei tifosi e soprattutto a quel concetto di merito come requisito di partecipazione per tutti. Anzi diciamolo chiaramente: tutti questi riferimenti al calcio delle tradizioni e delle sane passioni, tutti questi slogan ("il calcio è dei tifosi", "senza sconfitta non è sport", "il calcio è comandato dai soldi") sono stucchevoli e aggiungeremmo ipocriti. Ci verrebbe da chiedere ai tessitori di questa tela: ma sinora dove eravate? Dove eravate quando i Mondiali si sono giocati all'ora di pranzo, con poco interesse per giocatori e tifosi, solo per accontentare i network televisivi? Dove eravate in questi ultimi anni quando plusvalenze e trucchetti finanziari hanno rappresentato il modo per aggirare le regole che nessuno si è preoccupato di far rispettare? Dove eravate quando il potere di alcuni procuratori è diventato talmente ampio da tenere in pugno interi club?

E allora diciamolo chiaramente e onestamente: siamo al cospetto di uno scisma tra due fazioni contrapposte ma oggi più che mai facce della stessa medaglia. Uefa e Fifa oggi non hanno diritto di recitare il ruolo di “vergini”, tantomeno possono farlo Lega di Serie A e Figc dopo aver navigato a vista – nella migliore delle ipotesi – in questi anni. La scissione di domenica, la “brexit” in salsa pallonara, è figlia di almeno un decennio di danni commessi.

Ciò, però, non può giustificare la scelta dei secessionisti, che sull’altare del profitto e di bilanci da sistemare dopo l’uragano Covid stanno immolando i princìpi basici dello sport. Il gesto agonistico lascia campo allo show. L’idea democratica del successo aperto a tutti stritolata dalla fortezza aristocratica di pochi ricchi.
Dietro al progetto Superlega c’è la banca americana JP Morgan, un player finanziario di primaria importanza. Non si impressionerà davanti alla contrarietà di queste ore. Uefa e Fifa hanno reagito duramente, ventilando squalifiche ed esclusioni per i club e soprattutto per i giocatori che dovessero partecipare alla Superlega.
Ma ve lo immaginate? Il calcio che esclude Messi o Ronaldo da un Mondiale. Una contraddizione in termini. A oggi sembra più il bluff di chi sa che il rischio è troppo alto e prova a rimettere la palla al centro per tornare a discutere. La fuga in avanti – forse studiata dagli scissionisti come arma di ricatto – e il braccio di ferro in corso rendono complicati i contorni della vicenda, ma è obbligatorio passare dal confronto. Il fronte sportivo potrebbe trovare appoggio in quello politico, perché in molte capitali europee, da Londra a Parigi, le acque si stanno agitando (altro che pallone...). La Francia è pronta a ricorrere al Diritto europeo per aiutare l’Uefa a sanzionare i dissidenti.
Ma un precedente, quello dell’Eurolega di basket, agita i sonni dell’Uefa. Le sanzioni ventilate dalla Fiba nei confronti dei giocatori impegnati in Eurolega sono state sventate da una decisione della Corte di giustizia Ue, peraltro relativa al pattinaggio su ghiaccio, ma tutt’ora valida. Basterà questo per mettere tutti attorno a un tavolo?

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