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Il racconto di Tonino Raffa: "Quel genio di Maradona che ha dato tutto se stesso"

Un anno senza Maradona. Ma è come se Diego non se ne fosse mai andato in quel venticinque novembre del 2020. Mentre si susseguono trasmissioni a cascata su tutte le reti, eventi, mostre, celebrazioni a Buenos Aires, a Napoli e in tante altre città, e mentre continuano a uscire film, libri e fumetti sulla vita di un campione unico che aveva il mondo ai suoi piedi e poi si è spento in solitudine e in completo abbandono, lui, lassù, non trova pace nemmeno da morto. Di fronte a una morte che non finisce mai e che, in fondo, è in linea con l'odissea struggente di un genio del calcio che poi ha preso a calci anche la propria vita, vittima delle sue fragilità, non resta forse che dare una spolverata ai ricordi di ognuno di noi.

Della straordinaria vivacità di Diego ebbi la conferma in occasione della mia prima intervista con lui, strappata ad Avellino dopo una gara di Coppa Italia del Napoli. Era il 1989 e all'epoca curavo, per la sede regionale della Rai, la rubrica del sabato con i pronostici sulle partite che riguardavano le calabresi. Maradona accettò di buon grado e le sue risposte non furono per nulla generiche : «Nelle città del sud l'amore per il calcio è speciale ed è come lo intendo io». Dimostrò di sapere abbastanza sul Cosenza di Bruno Giorgi, sulla Reggina di Nevio Scala e Bruno Bolchi, sul Catanzaro di Guerini e Silipo.

Altro incontro, in occasione del mondiale del 2006 in Germania, vinto dagli azzurri di Lippi. Diego piombò a Monaco di Baviera come opinionista per conto una rete televisiva Sudamericana. Insieme con gli inviati e i commentatori delle varie testate, finita la giornata di lavoro, ci davamo appuntamento al ristorante “Il Calabrone”, a meno di un chilometro dal centro stampa. Struttura gestita da piccoli imprenditori della Locride, menù a base di cucina italiana. Lì era facile incontrare, a tarda sera, il fior fiore delle star : Falcao, Gullit, Mattheus, Collovati, Tardelli, Menotti, Hugo Sanchez, Batistuta, Valdano. Per noi della squadra di Radio Rai (tra cui l'attuale presidente dell'Ordine dei Giornalisti Carlo Verna) era una manna dal cielo.

Eravamo a 48 ore dalla semifinale di Dortmund tra gli azzurri e i tedeschi. Uno dei titolari, Pasquale Romano, si avvicinò per sussurrare: «Aspettiamo Maradona, ha prenotato da noi».. Venti minuti dopo, un brusìo, un "Ciao Diego" e la gente che si gira di scatto : era entrato "El Pibe de oro", accompagnato da tre amici. Maradona sembrò ben disposto al dialogo, concedendo foto-ricordo, dediche e autografi. Cementò il suo buonumore l'arrivo di Batistuta. Quella notte Diego regalò a tutti una pagina di umanità, facendo pace con il collega Italo Cucci. Dopo il loro abbraccio, i due tavoli diventarono un tavolo solo. Con il microfono tenuto dal collega Antonio Monaco, arrivò l'intervista a più voci, nel corso della quale Diego azzeccò il pronostico di quella semifinale contro i padroni di casa: »Vincerà l'Italia, i tedeschi sono forti fisicamente ma non hanno fantasia». Sapere che ad un anno dalla scomparsa di colui che è stato (insieme con Pelè) il più grande di tutti i tempi, la sua anima non trova ancora riposo, fa male a tutti. Hanno scomodato persino il suo cuore, asportato durante l'autopsia e custodito adesso chissà dove. Il dolore è immenso. Maradona. ha dato tutto se stesso: E quel che lascia il cuore non è mai sprecato : rimane nel cuore degli altri. Cioè di ognuno di noi.

«Nel 2006 quel pronostico giusto della semifinale tra Germania e Italia»

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