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Nigel Mansell, i 70 anni di un mito: il “leone” che ruggì una sola volta ma lasciò il segno in F1. Quella volta che spinse l'auto in panne

Un Mondiale vinto nel 1992, troppo poco per il suo talento, ma Nigel Mansell rimane, ancora oggi, uno dei piloti più amati di sempre. Il "Leone d’Inghilterra", che compie 70 anni l'8 agosto, è stato in grado di esaltare il pubblico come pochi altri piloti al mondo regalando immagini iconiche che rimangono vive anche oggi. Come nel 1984, a Dallas, quando con un caldo terribile e con la macchina piantata a pochi metri dal traguardo, scese dalla sua Lotus e iniziò a spingerla in mondovisione. Un gesto che spiega più di ogni altra impresa in pista chi è Nigel Mansell. Eppure, nei primi anni di carriera, veniva soprannominato "il mansueto" per via dei risultati discreti ma senza mai sfoderare gli artigli. La metamorfosi arrivò con l’approdo in Williams, nel 1985, dove incrociò il suo destino con quello di Nelson Piquet; nel 1986 vinse 5 gare ma perse il Mondiale per una ruota avvitata male, l’anno dopo un terribile incidente gli procura lo schiacciamento di due vertebre che gli impedisce di partecipare agli ultimi due Gran Premi lasciando via libera al brasiliano.

Il declino della Williams, nonostante un talento fuori dal comune che gli vale l’amore incondizionato dei tifosi di mezzo mondo, sembra precludergli la possibilità di titolo iridato, ma in lui Enzo Ferrari vede le qualità per riportare al successo la Ferrari; a sceglierlo personalmente è il "Drake", ma il mondiale non arriverà neanche con la Rossa. Sembra la classica storia del talento incompiuto, il pilota veloce capace di emozionare la folla ma non in grado di essere concreto per portare a casa il titolo iridato. Nel 1991 Frank Williams decide di riportarlo a casa cavalcando il sogno di riportare un inglese al titolo con una vettura britannica, ma è Ayrton Senna a festeggiare a fine stagione. L’anno giusto, però, è il 1992, la stagione che rappresenta alla perfezione Mansell: 16 gare disputate, 9 vittorie, 3 secondi posti e 4 ritiri. Tutto o niente, all-in, e in quel caso fu trionfo. Ancora più clamorosa, però, fu forse la decisione seguente con l’appiedamento e lo sbarco negli Stati Uniti dove si laureò campione in Formula CART.

Dopo due stagioni tornerà in Formula 1, ancora con la Williams ma cogliendo una sola vittoria in Australia, all’ultimo GP della stagione, per poi ritirarsi alla fine del 1995. "Se Mansell è in giornata e ha l’auto giusta, è impossibile cercare di tenerlo dietro. Ti sorpasserà, anche sopra la testa, ma ti sorpasserà", disse una volta di lui Ayrton Senna, uno dei suoi più acerrimi rivali. Una frase che testimonia il suo talento forse più di ogni titolo mondiale. Non è mai stato un pilota tattico, nessuna visione di gara alla Niki Lauda né tantomeno la perfezione di Senna al volante; l’unica cosa che contava era andare veloce, più di qualsiasi altro pilota in pista. Ed è per questo che Mansell, ancora oggi, è uno dei più amati di sempre. Perché, soprattutto nel mondo del motorsport, non è la quantità di vittorie a fare il campione, ma il come queste vengono ottenute.

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