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Billie Jean King, compie 80 una gigantesca tennista, icona della battaglia dei sessi

Dai campi da tennis dove ha vinto tutto alle battaglie vincenti per l’uguaglianza delle donne e degli omosessuali, il cammino di Billie Jean King ha segnato la storia dello sport e dei diritti civili ed è ben lungi dall’interrompersi anche se martedì prossimo questa icona mondiale taglierà il traguardo degli 80 anni. Domani sarà diffuso in tv negli Usa un documentario dedicato a varie atlete di ieri e di oggi di cui lei è produttrice esecutiva e conduttrice. Si intitola «Groundbreakers», rivoluzionarie. Ed è difficile trovare un termine più adatto per definire Billie Jean, la protagonista della «battaglia dei sessi», il match-evento del '73 contro Bobby Riggs per dimostrare che le tenniste possono competere con gli uomini. Quella partita, oltre che un film interpretato da Emma Stone, è diventato il simbolo di una lotta per la parità, declinata in mille altri modi. Il compleanno sarà un’occasione per celebrare l’ex tennista che ha fondato la Wta e dà il nome alla Davis femminile, per i suoi fan ed estimatori in tutto il mondo, con le donne in prima fila a rendere omaggio a colei che ha fatto tanto per la loro libertà e i loro diritti, nello sport e nella vita di tutti i giorni. Ma quanto ha ottenuto sembra non bastarle, tanto resta ogni giorno impegnata, continuando a tener fede al suo motto, "la pressione è un privilegio». Instancabile, gira il mondo cercando più investimenti ed equità per gli sport femminili; è azionista dei Los Angeles Dodgers, franchigia del baseball Mlb, del club calcistico femminile Angel City FC e della nascente lega professionistica di hockey femminile Pwhl. E’ fondatrice e anima della Women's Sports Foundation e di recente ha lanciato una società di produzione che si chiama proprio 'Pressure is a Privilege'.
La forza del suo impegno e i suoi successi hanno come base l'enorme talento che ha saputo esprimere sui campi da tennis, dove ha dominato per anni, con 12 titoli del Grande Slam in singolare, altri 16 in doppio e 11 in doppio misto, diventando nel 1971 la prima atleta donna a guadagnare oltre centomila dollari di premi in denaro, oltre 60 milioni in lire italiane d’allora. Ma nel frattempo la sua battaglia per la parità delle borse tra tennisti e tenniste era già cominciata da tre anni, dopo aver scoperto che la sua terza vittoria a Wimbledon le aveva reso solo 750 sterline (circa un milione in lire), mentre Rod Laver ne aveva ottenuto quasi tre volte tanto. Una differenza che la indignò, portandola nel 1970 a organizzare un tour femminile professionistico, divenuto poi la Wta, e nel 1973 a minacciare un boicottaggio agli US Open, che si decisero a parificare i premi in denaro. Una rivoluzione cominciata 50 anni fa ma che ancora stenta a compiersi, dato che solo nel 2027 le giocatrici riceveranno lo stesso premio degli uomini nei tornei non dello slam. Giusto per sottolineare il punto, in quello stesso 1973 la 30enne King sconfisse in campo l’ex campione Usa Bobby Riggs, allora 55enne, in quella che venne definita la 'battaglia dei sessì: con 30mila persone sugli spalti a Houston e 90 milioni di telespettatori, fu un altro evento che contribuì a cambiare il corso della storia.
Appesa la racchetta al chiodo dieci anni dopo, nel frattempo la campionessa - sposata dal 1965 con Lawrence King, da cui prese il cognome lasciando quello familiare di Moffit - fece un alto passo importante per la sua vita, e non solo, dichiarandosi pubblicamente gay nel 1981. Una decisione legata anche ad una disputa legale con la sua compagna di allora ma che pagò cara, anche nel senso più letterale, con gli sponsor in fuga. "Continuai a giocare ancora solo per tirare avanti e pagare gli avvocati, altrimenti avrei smesso», spiegò in seguito. Dopo il divorzio nel 1987, si è legata all’ex collega Ilana Kloss, che ha sposato cinque anni fa, cominciando a battersi anche contro i tabù che ancora impediscono, soprattutto nello sport, di dichiararsi omosessuali. Nel 2012 è stata scelta dal presidente Barack Obama per rappresentare gli Stati Uniti alla cerimonia di apertura delle Olimpiadi invernali di Sochi, un’investitura che le diede grande gioia proprio per quello che riteneva «una svolta per l’accettazione universale di tutte le persone», ma poi un banale malanno le impedì di partecipare.
A testimonianza del suo decennale e instancabile impegno, nel 2020 è stato deciso di intitolare a lei la Fed Cup, la coppa Davis femminile. Ora, alcuni esponenti del Congresso e del Senato Usa hanno presentato la proposta di assegnarle la  Medaglia d’oro del Congresso, una delle più alte onorificenze civili del Paese. Potrebbe essere annunciata entro l’anno, ma per l’ottantenne Billie Jean cambierà poco. Continuerà le sue battaglie.

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