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La sezione Santi e Martiri di Raifiction ha prodotto l'ennesima immaginetta...

Raifiction deve avere al suo interno una sottosezione dedicata a Santi e Martiri, destinata alla produzione di film agiografici che illustrano vite esemplari all’insegna di gioia, bontà e letizia. Così per santificare l’anno sin da subito, domenica è andato in onda “Chiara Lubich, l’amore vince tutto”, dedicato alla fondatrice del movimento dei Focolari.

Certamente il percorso umano e mistico della Lubich, della quale nel 2020 ricorreva il centenario della nascita, meritava di essere raccontato al grande pubblico televisivo, sia per l’importanza del suo messaggio che per la diffusione mondiale che ha avuto nel tempo la sua opera. E proprio perché la Lubich appare personaggio particolarmente ricco di spunti non solo dal punto di vista religioso ma anche sociale, siamo convinti che il film di Giacomo Campiotti, pur realizzato con le migliori intenzioni, non abbia reso pienamente giustizia a una donna che, ispirandosi al Vangelo, ha portato la Chiesa anche a confrontarsi con una figura femminile assai innovativa.

Laddove la Lubich avrebbe meritato di essere raccontata in 3D, Campiotti ne fa un ritrattino da manuale del catechismo, che non offre allo spettatore la possibilità di comprendere pienamente la particolarità di un sentire che ha aperto la strada al dialogo fra religioni. Campiotti si serve delle vicende storiche legate alla II guerra mondiale, nella quale matura la vocazione della Lubich, quasi come fosse l’unica spinta emotiva che la portò, in nome del Vangelo, a creare una comunità nella quale l’amore, come recita il titolo, appunto, vince su tutto, e soprattutto sulla vendetta.

Ciò che, a nostro avviso, il film ha appiattito e relegato ad una incidentale evoluzione del suo percorso di fede, ma che, in realtà, meritava un approfondimento meno banale, è la posizione innovativa che la Lubich assunse nell’ambito della Chiesa, anche con una rottura di dogmi e convenzioni. Una delle frasi che più colpiscono nel film è che la Lubich, al tempo, come donna non avrebbe potuto leggere il Vangelo senza la guida di un sacerdote. Purtroppo, la sceneggiatura a rito semplificato di Campiotti non riesce ad approfondire la portata del pensiero della giovane maestrina di Trento anche nella scelta di condividere con le compagne una missione di carità, ma la fa apparire quasi come una sovversiva, il che non ci sembra sufficiente per spiegare pienamente la sua visione delle parole del Vangelo che, nel tempo, diventerà un progetto di comunità condiviso anche da non cattolici.
Insomma, certamente da Raiuno sez. Santi e Martiri non ci aspettavamo un tomo di teologia applicata, ma neanche un’immaginetta da oratorio.

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