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"Matrimonio a prima vista", Dio li fa e tra loro...si accoppano!

Una delle coppie del format

Non avremmo avvertito la necessità di recensire l’ennesima (VI) edizione di Matrimonio a prima vista Italia, il mercoledì in chiaro su Real Time, dopo un passaggio sulla piattaforma Discovery Plus, se, incidentalmente, non avessimo acquisito notizie varie (e avariate), che necessitano di alcune riflessioni.
La prima notizia è che nel 2020 c’è stato l’80% di matrimoni religiosi e il 60 % di matrimoni civili in meno rispetto al 2019. Il dato non stupisce, visto che la pandemia ha cancellato la possibilità di festeggiare l’occasione e molti più che a una unione duratura miravano a una cerimonia in grande stile, senza comprendere la convenienza, dettata dalla circostanza, che avrebbe consentito di cassare almeno una cinquantina di invitati.

La seconda statistica è che nelle 5 passate edizioni su 15 coppie, assortite dagli esperti, solo una è rimasta insieme, il che fa capire che mia nonna aveva più ragione degli psicologi quando diceva che il matrimonio è come il cocomero: solo quando si apre si capisce com’è.
Altro dato è che nella puntata di sabato scorso del sempre ottimo Tv talk una degli esperti, che formano le coppie di “scoppiati”, ha rivendicato la bontà degli abbinamenti studiati sulla base delle caratteristiche dei candidati alle nozze, sostenendo che il problema sta nelle aspettative dei nubendi e, sostanzialmente, nel loro desiderio di trovare l’anima gemella e di innamorarsi. Cosa, questa, che mai avremmo pensato perché, infatti, credere che Dio li fa e poi li accoppia, quando gli esperti li mettono insieme e, poi, come si è visto, le coppie si accoppano da sole?

Infine, ci è capitato di intercettare una puntata del format, in cui, stante le evidenti difficoltà degli sposi di trovare una loro dimensione dopo solo due settimane di unione, i tre esperti avevano deciso di organizzare un workshop con esercizi a casa per una serena convivenza.
Un workshop? E perché non anche un business plan o una campagna di marketing? In verità sarebbe meglio un recovery plan nel senso che ci sembrano tutti pronti per il ricovero.
Detto ciò, a costo di essere politicamente scorretti, non capiamo perché poi tanti si scandalizzino per quelli che un tempo venivano chiamati “matrimoni combinati” e che trovavano una giustificazione, nell’unione di due patrimoni o nella risoluzione comoda di situazioni scomode.
Insomma, perché far sbagliare gli esperti, quando molti ci riescono bene anche da soli?

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