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Grillo fa... il comico e Fazio fa audience: 2 milioni e mezzo di spettatori

Fazio 3 – Grillo 0 è la formula di sintesi calcistica dell’ospitata di Beppe Grillo a «Che tempo che fa» domenica su La Nove. Tre, infatti, sono i gol, intesi in senso metaforico, che Fabio Fazio ha segnato con la presenza del garante del Movimento 5 stelle, già comico e che, a dire del pubblico, il comico dovrebbe ritornare a fare. Il primo risultato utile, «Che tempo che fa» lo ha ottenuto per aver ospitato Grillo dopo dieci anni di assenza dal piccolo schermo, il secondo vantaggio, conseguente, è stato in termini di ascolti con il 12,50 % di share e quasi due milioni e mezzo di telespettatori che hanno seguito la trasmissione, il terzo è la soddisfazione che Fabio Fazio, che già anni addietro era stato attaccato da Grillo sui compensi percepiti alla Rai, si è potuto togliere, con un paio di bordate ben assestate.

Certamente Fazio aveva messo in conto che l’ospite non era lì per farsi intervistare e avrebbe approfittato dell’occasione per prendersi la scena in un monologo che stava a metà fra la politica e lo spettacolo. Vero è, invece, che Grillo è sfuggito alla domanda sul decreto sicurezza, che Fazio lo ha immediatamente stoppato quando si era lanciato nelle critiche all’avv. Giulia Bongiorno che sta difendendo la vittima del processo nel quale è imputato il figlio del comico, e che il presentatore ha saputo essere pronto a una generosa e cortese ospitalità, con una difesa d’ufficio, quando il pubblico, invitato a pronunciarsi dallo stesso Grillo, se doveva continuare nell’impegno politico, lo ha invitato a tornare allo spettacolo.

Ecco, appunto, lo spettacolo, che, però, Grillo ha dimostrato di non saper neanche più fare in maniera originale, fermandosi alla sua capacità di replicante di argomenti già sentiti. Un monologo con tanti concetti disordinati e poche conclusioni, autoreferenziale, privo di autocritica, spesso contraddittorio e poco rispettoso del pubblico, che riteneva non del tutto in grado di comprendere l’importanza e la gravità delle sue affermazioni e dei suoi dogmi.

Resta da capire perché Beppe Grillo sia tornato in tv dove, forse, si aspettava un coro di «noooo» al suo “mea culpa” per aver «peggiorato l’Italia» o voleva avere un palcoscenico per togliersi qualche sassolino dalla scarpa parlando di «Gigino la cartelletta» e facendo intendere che la scelta di un leader era caduta su Giuseppe Conte per il curriculum ma anche perché «quando parlava si capiva poco, quindi era perfetto per la politica». Certo è che, sui social, il dibattito è aperto fra chi continua a tesserne le lodi e chi lo vede sul viale di un mesto tramonto. Noi abbiamo visto solo un uomo che a settantacinque anni è costretto a chiedere agli altri cosa deve fare, in un disperato bisogno di affermazione.

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