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Eppure, quel «Mameli» rende il Risorgimento romantico e pop...

L’hangover da festival riportato dal 74,1% degli italiani, è stato curato da Raiuno con «Mameli», che, con il suo buon 23,5% di share, ha fatto comprendere il peso specifico delle canzonette rispetto alla fiction che raccontava le origini del nostro inno nazionale. Il Canto degli Italiani, testo di Goffredo Mameli, musica di Michele Novaro, canto risorgimentale nato nel 1848 che, secondo la romantica versione tv, ebbe il suo battesimo durante una processione e fece da colonna sonora ai primi moti genovesi, tuttavia, fu adottato come inno dalla neo repubblica italiana nel 1946 ma rimase provvisorio fino al 2017, anno in cui, finalmente, ebbe il riconoscimento definitivo e ufficiale come inno dello Stato Italiano. Questo per dire quanto gli italiani siano indecisi.

Ora, far passare Mameli (Riccardo De Rinaldis Santorelli) come una rockstar che firma autografi certamente è eccessivo: in fondo componeva versi per la patria e la libertà. Avesse scritto per sé veniva fuori Vita spericolata... Nel complesso, però, la storia di «Goffredo Mameli, il ragazzo che sognò l’Italia», su Raiuno lunedì e martedì, è realizzata con quel tocco di contemporaneità che la fa diventare gradevole e accattivante, per quanto accattivante possa essere la storia del giovane eroe poeta e compositore morto a 21 anni. Sappiamo di attirarci la riprovazione degli storici, ma, forse a causa del retaggio scolastico, riteniamo il periodo risorgimentale di inenarrabile pesantezza, eppure il racconto dei registi Luca Lucini e Ago Panini, sorretto da un cast di noti attori, rende in maniera romantico-pop un pezzo di storia italiana in cui l’amor di patria – meglio l’amore per la libertà – rendeva ardimentosi i giovani che inneggiavano alla rivoluzione e impegnati gli adulti che la finanziavano. L’inizio romantico e luttuoso che vede il suicidio sull’altare della Marchesina Geronima Ferretti, colta e pronta ad abbracciare gli ideali dell’amato Goffredo, molto diversi da quelli ancien régime soffocante che la madre e il tutore le impongono con un matrimonio combinato, vira subito nell’impresa che trascina il giovane Mameli nella rivoluzione. Il mentore di Mameli è un Nino Bixio ispirato a Jack Sparrow, un po’ pirata, un po’ rivoluzionario, sicuramente trascinatore di folle. Ma anche i giovani cospiratori sono ritratti, senza eccesso ma con affetto, quasi come una comitiva di studenti fuori sede, uniti dal desiderio di rovesciare un regime opprimente in nome di una Patria non ancora unita. In fondo, per la fiction poco contano le parole auliche e ridondanti del nostro inno o le note di marcetta con cui è musicato, lo scopo vero è ricordare con un linguaggio moderno e fresco quel pezzo di storia che sta alla base della nascita di una nazione.

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