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"Sei nell'anima"... ma la storia di Gianna Nannini è assai più complessa e speciale

C’è una frattura in «Sei nell’anima», il biopic per la regia di Cinzia TH Torrini su Netflix, dedicato a Gianna Nannini, che in alcune parti non riesce ad essere convincente per la discontinuità della narrazione. Nessuna agiografia della cantante, né poteva essere diversamente vista la complessità del personaggio e le difficoltà affrontate prima di trovare una piena affermazione, e brava è Letizia Toni che interpreta la rocker senza alcuna velleità imitativa – fatta eccezione per la cadenza toscana.

La storia di Gianna Nannini in effetti andrebbe raccontata più attraverso l’interpretazione di sentimenti e stati d’animo che seguendo la didascalica cronologia degli eventi, ed è questa la difficoltà evidente di conciliare i due aspetti della personalità e della vita della cantante. Alcune certezze biografiche, infatti, sono facili da rappresentare, una di queste è il contesto familiare, e soprattutto il complesso rapporto con il padre, mentre più complicato è descrivere la spinta emotiva e creativa che muove Gianna Nannini non tanto e non solo ad assecondare la sua vocazione e la sua affermazione, ma a voler imporre caparbiamente le sue scelte musicali che non collimano con le richieste del mercato e della discografia del tempo.

Se nelle parti “familiari”, insomma, si comprende l’insofferenza della ragazza a modelli imposti, non è altrettanto ben raccontata, a nostro avviso, l’evoluzione personale e motivazionale che la porta a calarsi in una vita lontana dal benessere nel quale è cresciuta. Né si comprende pienamente la ricerca di un suono rock che la spingerà a misurarsi con produzioni mitteleuropee nel desiderio di trovarsi più a suo agio anche con mentalità più aperte e musicalmente più innovative.

Quella della Nannini – da lei narrata in una sua autobiografia – è una storia dai contorni forti e di scelte che nascono da una profonda tensione emotiva, ma spesso la narrazione le banalizza traducendole in trasgressioni o affermazioni volutamente controcorrente. Così quando si giunge al momento in cui Gianna Nannini affronta il suo personale cortocircuito di anima e mente, anche per la intima difficoltà di imporre la sua musica e contemporaneamente di farne una hit di successo, il suo riemergere dall’abisso dell’oscurità sembra più una guarigione che la vera rinascita della quale la cantante parla. Le canzoni, gli ambienti e i personaggi che la circondano nella vita come nella carriera, fra tutte una giovane Mara Maionchi interpretata da Andrea Delogu, contribuiscono a raccontare un pezzo di storia della musica italiana, ma non sono sufficienti a delineare compiutamente il percorso di una personalità intensa e travolgente come quella della Nannini.

 

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