Non poteva esserci ricorrenza migliore di quella dei 100 anni della radio e dei 70 della tv per portare sugli schermi di Raiuno la storia di Mike Bongiorno, del quale quest’anno ricorrono anche i 100 anni dalla nascita.
Il primo pregio della fiction «Mike», in onda lunedì e martedì in prima serata, è quello di non presentarsi come un’agiografia, il secondo è quello di raccontare aspetti quasi inediti della vita del presentatore forse più iconico della nostra tv, il terzo è che proprio attraverso elementi poco conosciuti si fa leva sulla curiosità dei telespettatori.
Un’esistenza divisa, anche negli affetti familiari, in un viaggio andata/ritorno fra New York e Torino, e nel corso della quale il giovane liceale che cerca di seguire la sua passione per il giornalismo si ritrova a diventare partigiano, affrontando sia nella Resistenza che nel rapporto con il padre prove di maturità e di responsabilità che lo porteranno a diventare un uomo risolto e schivo che ama parlare del suo lavoro ma non del suo vissuto.
Per questo l’espediente narrativo utilizzato, che vede un Mike Bongiorno all’apice del successo di Rischiatutto acconsentire di malavoglia a un’intervista “a cuore aperto” realizzata con modalità che ricordano quelle del film «Frost-Nixon», si trasforma quasi in una seduta psicoanalitica che ripercorre attraverso flash back il passato del giovane Bongiorno e, bene, fa comprendere la determinazione, la solidità e le ferite della persona prima che diventi personaggio.
La seconda parte della fiction vede invece il maturare del legame sentimentale con la giovane Daniela Zuccoli, poi diventata moglie del presentatore e che è anche produttrice della serie, tratta dall’autobiografia «La versione di Mike» scritta nel 2007 con la collaborazione del figlio Nicolò. Un sapiente lavoro di sceneggiatura e anche di ambientazione nel recupero dell’iconografia degli anni Settanta, che si avvale soprattutto dell’interpretazione di Elia Nuzzolo per il giovane Michael e di Claudio Gioè che impersona Bongiorno negli anni della maturità. Se per Nuzzolo è un momento di stordente notorietà, visto che in contemporanea veste i panni di Max Pezzali nella serie «Hanno ucciso l’uomo ragno» su Sky, per Gioé è una conferma delle sue capacità “mimetiche” e delle sue doti rappresentative che lo portano ad impersonare un Mike Bongiorno senza forzarne i tratti ma andando a scavare nei sentimenti.
I dati auditel hanno confermato il successo della fiction sul GF Vip ma, soprattutto, hanno dimostrato che quel pubblico livellato nella mediocrità al quale si riferiva Umberto Eco nella “Fenomenologia di Mike Bongiorno” quasi giganteggiava rispetto ai telespettatori di oggi.
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