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«Se mi lasci non vale»: Dio li fa e la televisione poi li accopp(i)a

In principio era «Stranamore», programma Mediaset in cui il compianto Alberto Castagna girava in camper come un piazzista dei sentimenti facendo da collante per coppie in crisi. Poi ci fu l’evoluzione mariana (intesa come Maria De Filippi) con «Temptation Island», nel quale la cartina di tornasole del disagio non è l’incompatibilità caratteriale fra fidanzati ma la velocità con la quale si cornificano. Altro esperimento sul tema fu «Ultima Fermata» sempre di vocazione mariana, nel quale si cercava di mettere insieme cocci di coppie o di porre una lapide tombale, che in realtà fu apposta sul programma che non ebbe seguito dopo la prima edizione.

Ma la fissazione di mettere insieme soggetti che già non si capisce come si siano potuti abbinare da soli ha colto anche Raidue con «Se mi lasci non vale», lunedì in prima serata. Conduttore del programma è Luca Barbareschi, che già nei primi anni Novanta si era dedicato alle coppie in crisi con «C’eravamo tanto amati» sulle reti Mediaset, ma questo nuovo esperimento è stato poco convincente, diversamente dall’attuale impegno nel ballo del sabato di Milly Carlucci.

Gli ascolti della prima puntata sono stati più che deludenti. Del resto, con la concorrenza della fiction di Raiuno, il ritorno di Giletti su Raitre e il GF Vip su Canale 5 non c’era da meravigliarsi, anche perché in questa sorta di reality che documenta un percorso sentimentale è il buonismo che prevale e, si sa, il buonismo in tv interessa poco.

Al contrario di «Temptation Island» in cui lo snodo è il tradimento, infatti, qui gli esperti cercano di aiutare le coppie a recuperare il loro rapporto e, accanto all’ovvia presenza della psicoterapeuta, c’è anche la soul coach, che per le sue competenze balza all’attenzione del programma. Una figura olistica che guida i partner in un recupero della sensorialità, della percezione fisica e affettiva che ciascuno ha dell’altro.

Ora, senza affatto sminuire l’importanza degli aiuti alle coppie in crisi da parte di esperti, ci sembra evidente che l’utilità del programma si basa anche sull’ispirazione e il supporto che può offrire a chi lo guarda e si trova in situazioni analoghe, ma solo i più abbienti possono recuperare il loro rapporto affidandosi a figure professionali e intraprendere un percorso passando da terapie di coppia, mediatori familiari, soul coach e life coach. Gli altri meno culturalmente predisposti ed economicamente più esposti finiscono con sciamani, confessori improvvisati, filtri magici e la comare del paese. E comunque, parallelamente, tutti, nel dubbio, fanno un consulto con l’avvocato.
Insomma parafrasando Giobbe Covatta, Dio li fa e la tv li accopp(i)a.

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