
Valentina Diana
Mariti o le imperfezioni di Gi
Einaudi, pp. 273 € 18
Un passato scalcinato e un divorzio alle spalle, Drina e Gi vivono a Spricchio e provano a essere felici. Ma non è facile. Lui deve fare i conti con le ingiunzioni di pagamento accumulate nel bagaglio e l’incapacità a pagare l’Iva a fine anno, Drina, invece, ha un figlio adolescente e tollera malvolentieri i consigli della suocera. Ecco, proprio i piccoli drammi quotidiani sono il cuore di questo libro – il portafoglio di Gi dimenticato nei pantaloni, ruzzola nella lavatrice e il bancomat ne esce «tutto pulito e bello» – una tragicommedia familiare capace di far ridere e riflettere al tempo stesso. Composta da brevi capitoli, fitti di dialoghi e situazioni surreali, dopo il successo di Smamma, la Diana torna a parlare di ciò che avviene fra le mura domestiche puntando l’obiettivo sulla vita di coppia (il racconto delle nuove sfaccettature del rapporto con Mino - il figlio adolescente adesso alle prese anche con il patrigno - è un riuscito refrain del libro precedente) e su tutti i compromessi necessari per provare a farla funzionare. Lei bidella part-time, lui un architetto senza lavoro costretto a rifarsi il guardaroba al mercatino dell’usato, in breve la frustrazione per il benessere sfuggito incombe sulla coppia, ne influenza gli umori, ne esaspera le tensioni e i litigi si fanno movimentati, con tanto di specchietti in frantumi e progetti di fuga. Ma poi tutto passa ed è proprio Gi a scacciare via le nuvole, elargendo ottimismo come semi in un campo che si spera fertile. I dialoghi in spagnolo maccheronico o con l’inglese da turista in vacanza sono escamotage forse inflazionati ma la Diana li mette in pagina riuscendo a caratterizzare al meglio i personaggi e le loro piccole, umane, debolezze che li rendono teneri e indifesi agli occhi dei lettori. E tutto ciò permette il miracolo di abbattere i muri e azzerare le distanze, grazie alla scrittura frizzante e ai dialoghi immediatamente coinvolgenti, voluti dall’autrice. Ma si farebbe un torto se parlando di Mariti tralasciassimo l’aspetto dei sentimenti – sempre presenti ma volutamente mai inchiodati dalle etichette – e il tema della precarietà, non solo generazionale ma considerata dall’autrice in toto, come elemento esterno destinato a mutare il nostro agire. Così in Per un istante, Drina e Gi sono ad un punto di snodo, pronti a cambiare casa e difronte al futuro imminente scoprono che Mino è ancora confuso ma di una cosa è certo: vuole studiare alla Bocconi per evitare i lavori artistici e scongiurare l’incertezza nel futuro. Chissà come andrà a finire.
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