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Quando l'infanzia è una favola nera

Quando l'infanzia è una favola nera

L’io narrante di “Orfanzia” è un bambino solitario che di mangiare proprio non ne vuole sapere. I suoi genitori sono disperati e le provano tutte. Gli fanno l’aeroplanino con il cucchiaio, lo minacciano, lo pregano di mandare giù qualcosa, almeno un po’ di carne. Ma quando stremato, infine, lui acconsente – con il padre già altrove, sconsolato, arrabbiato, incredulo – poi fila subito in camera, seguito dai due fedeli cani, rimette tutto, nascondendo ciò che il suo giovane corpo - livido, pallido e scheletrico – non trattiene. 

Non è una mortificazione né una punizione inflitta ai suoi genitori. Piuttosto è una forma di autodifesa. Perché lui ha notato qualcosa che lo ha scosso. I bambini pasciutelli, quelli con le gote rosa e la carne che straborda felice dalla maglietta, quei ragazzini cresciuti a pane e cioccolata, facendo la scarpetta con il sugo, bevendo latte a piè sospinto tutto il giorno, poi fanno una brutta fine. Possibile che nessuno si sia accorto che anno dopo anno nella casa al mare non c’è traccia dei suoi coetanei?

Lui sa la verità o almeno crede di saperla. A scuola lo prendono di mira, i compagni robusti e grassocci lo mettono alla berlina ma lui sa che deve solo resistere sevuole diventare adulto. Ma non è così facile resistere e piano piano si insinua il languore. Finché in estate con la madre sempre appresso intenta a farlo stancare per fargli montare l’appetito, stringe un’amicizia con un altro ragazzino, assai smaliziato. Si apre una crepa e inizia a mangiare…

Il 44enne Athos Zontini - autore radiofonico e sceneggiatore tv (Un posto al sole) - esordisce con Orfanzia (Bompiani, pagg 224, € 17), un romanzo che avrebbe stregato i fratelli Grimm. Una favola nera che si legge in un soffio, in bilico fra orrore e fantasia, una storia grottesca narrata con una prosa sempre fluida, in bilico fra le certezze di un bambino e l’incredulità che si insinua nel lettore e sino all’ultima pagina è tutto possibile. 

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