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La misteriosa città di Longane

La misteriosa città di Longane

Nella mostra che il British Museum dedica alla Sicilia (21 aprile-14 agosto) c’è posto anche per un piccolo oggetto sconosciuto ai più proveniente dalla provincia di Messina. Un piccolo oggetto sì, ma grazie al quale è stato possibile scoprire e raccontare la storia della misteriosa città sicula di Longane: un caduceo di bronzo, in possesso della prestigiosa istituzione inglese fin dal 1875. Fino a tutto il XVIII secolo nessuno mai aveva sentito parlare di Longane, né del luogo dove potesse trovarsi.

Il ritrovamento di un paio di monete e del caduceo colmarono questo vuoto nelle fonti storiche. Sulle litre d’argento (della seconda metà del V sec. a.C.) erano raffigurate da una parte una divinità fluviale e dall’altra la testa di Eracle giovane con la scritta in greco “Longanaion”. Sullo stelo del caduceo campeggia l’iscrizione: “Sono l’araldo pubblico longanese”. Da qui presero il via le ricerche sulla possibile ubicazione della città, che hanno visto nel tempo impegnati studiosi quali Luigi Bernabò Brea, Domenico Ryolo e negli ultimi anni Filippo Imbesi, con una produzione notevolissima che ha dato molte risposte al mistero che ancora, comunque, circonda le origini e l’ubicazione di Longane.

Ma se le fonti non parlano mai di Longane ricordano invece il fiume Longano, sulle cui rive nel 269 a.C. i Siracusani di Ierone II sconfissero i Mamertini guidati da Cione. Ma il Longano delle fonti, secondo alcuni studiosi, non è quello che oggi giorno separa Barcellona da Pozzo di Gotto. L’ingegnere Domenico Ryolo, però, che aveva una profonda conoscenza dei luoghi e della storia (a Rodì Milici diversi anni prima l’archeologo Vincenzo Cannizzo aveva scoperto una necropoli) sostenne nel 1950 che l’antico fiume Longano fosse da identificare con il Patrì o Fiume Termini. La tesi di Ryolo convinse il grande archeologo Bernabò Brea – allora direttore alla Soprintendenza alle Antichità della Sicilia Orientale di Siracusa - e insieme scoprirono che sul pianoro che sovrastava il fiume, in territorio di Rodì Milici, si trovavano i resti di in insediamento, che identificarono in quello di Longane. Finalmente Longane non era più solo un nome inciso su un caduceo, ma un luogo reale che si estendeva da Monte Ciappa a Monte Cocuzza, delimitato dal Patrì e dall’Elicona. "Ubicazione meravigliosa – scrisse Ryolo – da dove l’occhio spaziava su di un ampio panorama, limitato a destra dall’attuale Capo Rasocolmo e dalla costa Calabra, che frequentemente si profilava a sinistra dall’attuale Capo Tindari, mentre di fronte le Isole Eolie sorgevano bellissime dal mare”.

Bernabò Brea scrisse che la popolazione viveva in gruppi sparsi sull’altipiano che si presentava come una fortezza naturale pressoché inespugnabile. Scrisse ancora il grande archeologo che i frammenti trovati negli scavi di Monte Ciappa sono da ascriversi a un tipo di ceramica fino a quel momento poco conosciuto in Sicilia “che sembra corrispondere ad una facies culturale particolare fiorita fra il XVIII e il XV secolo a.C. che nulla ha a che fare con quella della Sicilia Orientale e delle Eolie”. La necropoli era del tutto simile a quella trovata successivamente a Pozzo di Gotto. E’ la fondazione di Zancle da parte dei Greci di Calcide a determinare il destino di Longane. La città venne rapidamente grecizzandosi: greche sono le mura e greco è il tipo di monete. Le iscrizioni sulle litre e sul caduceo sembrano dimostrare che Longane segua le vicende di Zancle-Messana e che sia stata quest’ultima a spazzarla via per annettersene il territorio. Infatti nei secoli che seguirono il territorio di Messana confinava direttamente con quello di Abacena, l’attuale Tripi.

Ma gli studi e le ipotesi su Longane e sulla sua ubicazione non si sono fermati. L’arch. Filippo Imbesi, infatti, ha scritto ripetutamente su questo argomento, facendo compiere agli studi significativi passi in avanti. Imbesi ricorda che negli Anni Settanta l’arch. Pietro Genovese, a seguito della scoperta su monte Sant’Onofrio, in territorio di Barcellona Pozzo di Gotto, di un complesso fortificato e di una campagna di scavi che portarono alla luce fortificazioni del V secolo a.C., sostenne che i resti erano da collegare a Longane, data la vicinanza del sito all’antico fiume Longano. Imbesi ricorda ancora che nel 1995 venne condotta una campagna di studi su pizzo Lando (sempre a Barcellona), dove vennero trovate possenti strutture murarie e reperti databili al VI-V e III sec. a. C., fatto che portò l’archeologa Carmela Bonanno a formulare l’ipotesi che monte Ciappa, monte Sant’Onofrio e pizzo Lando, facessero parte di un sistema di strutture difensive a difesa di un centro siculo ellenizzato che si trovava nell’area.

Di recente, tra il 2010 e il 2012, scrive Imbesi, una campagna di esplorazione portò a scoprire una vasta area indigena in fase di ellenizzazione, proprio a ridosso dell’antico fiume Longano e “una distribuzione territoriale – formata da villaggi, aree fortificate e necropoli - che occupava parte degli attuali territori di Barcellona Pozzo di Gotto, Rodì Milici, Terme Vigliatore e Castroreale”. Insomma, la città di Longane, secondo questa tesi, non era confinata solo sull’altipiano sopra Rodì Milici, ma lo comprendeva così come comprendeva gli insediamenti di Sant’Onofrio e pizzo Lando. Un territorio molto vasto quindi che confinava con Mylai, Tyndaris e Abakainon, cioè  le attuali Milazzo, Tindari e Tripi. Il mistero resta.

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