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Messina, a Giostra il “cuore” dello spaccio. Mercoledì 8 imputati in aula bunker per l'abbreviato

Al vaglio le istanze di ammissione all’abbreviato

È tempo di udienza preliminare per alcune delle persone coinvolte nella maxi operazione antidroga battezzata “Impasse”, con cui la Procura di Messina e la Guardia di finanza hanno smantellato un’organizzazione specializzata nel narcotraffico, con quartier generale principalmente nel rione “fortino” di Giostra. Per mercoledì prossimo, alle 9, nell’aula bunker della casa circondariale di Gazzi, il giudice Fabio Pagana ha fissato l’udienza in camera di consiglio in relazione alle richieste di definizione delle posizioni processuali di otto imputati nelle forme del rito abbreviato.

I nomi

Procedimento del quale intendono “beneficiare” Pasquale Mollica, 22 anni, di Melito Porto Salvo, difeso dall’avv. Marco Tullio Martino; Umberto Suraci, 51 anni di Reggio Calabria, difeso dall’avv. Giacomo Iaria; Antonio Giuliano Suraci, 36 anni, anch’egli di Reggio Calabria, difeso dall’avv. Attilio Parelli; Daniele Sulas, reggino di 32 anni, difeso pure lui dall’avv. Parelli; Maurizio Papale, 54 anni, originario di Messina, assistito dall’avv. Alessandro Trovato: Carmelo Menoti, 35 anni, messinese di Mandanici, difeso dall’avv. Tino Celi; Angelo Arancio, 21 anni, di Catania, assistito dall’avv. Maria Chiaramonte; Carmelo Arancio, catanese di 24 anni, difeso dall’avv. Giuseppe Rapisarda.

Questo stralcio dell’inchiesta abbraccia coloro per i quali il Tribunale del riesame ha escluso la partecipazione all’associazione a delinquere «finalizzata all’acquisto, al trasporto, alla distribuzione, alla cessione sul mercato di sostanze stupefacenti, specie del tipo marijuana e cocaina». Era stata l’accusa, con i pubblici ministeri Francesco Massara e Antonella Fradà, a presentare le istanze di giudizio immediato sulla base di «evidenza probatoria», poi accordate dalla giudice per le indagini preliminari Tiziana Leanza.
Dell’organizzazione, secondo inquirenti e investigatori, Giovanbattista Cuscinà era «capo promotore con compiti direttivi e di organizzazione», in particolare di reperire la droga sul mercato calabrese, catanese e di Messina, «di curarne l’acquisto, il pagamento, il trasporto a Messina, la preparazione e il confezionamento in dosi» e il successivo smercio. Stesso ruolo per la madre Maria Cacopardo, che avrebbe sostituito il figlio «in caso di assenza». Ruolo di vertice anche per il padre Francesco, «organizzatore» e suo collaboratore, mentre Viviana Di Blasi avrebbe custodito il denaro provento dell’attività illecita nella «propria abitazione e tenuto la contabilità delle risorse finanziarie del gruppo». Incastrato anche il presunto «custode» dello stupefacente e delle armi, Nicola Mantineo, che avrebbe utilizzato come deposito un immobile abbandonato in vico Bensaia, a Giostra. Poi vi erano fornitori e spacciatori.

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