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Mahmood, "Raccontarmi è stato terapeutico". Il docufilm alla Festa del Cinema di Roma

"Non sono mai stato tanto bravo a parlare di me, forse anche per questo ho iniziato a scrivere canzoni". E' una delle prime riflessioni che sentiamo dal cantautore vincitore di due Sanremo (nel 2019 con 'Soldi', e, in coppia con Blanco, nel 2022 con 'Brividi') in 'Mahmood', il docufilm/ritratto di Giorgio Testi, che debutta alla Festa del Cinema di Roma in Alice nella città per poi arrivare in sala in un'uscita evento dal 17 al 19 ottobre con Nexo e dal 15 novembre su Prime video.

Un viaggio che sul filo conduttore del tour italiano ed europeo di Mahmood, dal Bataclan di Parigi allo O2 Shepherd's Bush Empire di Londra o la Sala but di Madrid, passando per l'Alcatraz a Milano o l'Eurovision, lancia sguardi, utilizzando anche l'animazione 2d, filmini di famiglia, testimonianze di amici, famigliari e colleghi, da Carmen Consoli a Blanco e Dardust, sul percorso umano, personale (senza toccare però la sfera sentimentale), e artistico di Alessandro Mahmoud, classe 1992.

In particolare ci si sofferma sull'importanza della figura della madre Anna, sarda di Orosei, punto fermo nella sua vita ("si mostrava sempre come un bambino felice, ho scoperto poi che esprimeva il suo malessere nelle canzoni", spiega); il complicato rapporto con il padre egiziano Ahmed (raccontato anche in uno dei suoi brani simbolo, 'Soldi'), le fragilità, le delusioni professionali (come l'eliminazione a X factor nel 2012), momenti difficili, anche recenti, come la sua casa andata distrutta nell'incendio della Torre dei Moro a Milano nel 2021; la capacità di cogliere nuove occasioni e il rapporto con il successo, "che non l'ha cambiato - dice una sua amica - anzi, l'ha reso più empatico".

Quando decidi "di fare un docufilm sulla tua vita e sul tuo percorso devi essere sincero e raccontare anche cose un po' più scomode, come ho fatto rispetto al rapporto con mio padre - spiega Mahmood in conferenza stampa -. Si è rivelato un viaggio molto utile anche per me. Io a volte per non pensare ai miei problemi cerco di offuscare i ricordi del passato. Il documentario in questo senso è stato terapeutico, mi ha aiutato a mettere dei puntini su certi momenti... certo ora li conoscono pure gli altri", commenta sorridendo.

Il cantautore voleva che il docuflm (prodotto da Red Carpet, Società del Gruppo ILBE, in collaborazione con Prime Video) fosse "l'antitesi di una celebrazione, di un premio alla carriera - aggiunge -. Anche perché vedermi passare dalla pineta in Sardegna, dove cucino le salsicce insieme alla mia famiglia (particolarmente numerosa tra zii e cugini), alle prove nei camerini di Londra non corrisponde al ritratto di una superstar che spacca tutto. Non volevo fosse un racconto pomposo, ma che fosse in rilievo il lato più umano di questo percorso, la trasformazione che porta in me la musica. Volevo mostrare come sono fatto realmente".

Il musicista, nel suo tragitto di esplorazione delle altre arti, l'anno scorso ha anche pubblicato una graphic novel, Ghettolimpo. Sui sentieri dell'anima (Mondadori): "Penso stia diventando sempre più riduttivo parlare di barriere tra musica, cinema, letteratura, moda.... penso tutto sia linkabile e collegabile. Grazie a questo documentario ho potuto spiegare lati e aspetti del mio carattere che con la musica non sono sempre così chiari d'istinto". A Mahmood piacerebbe che il docufilm comunicasse anche come non esistano sempre delle scappatoie "nella strada per arrivare a un obiettivo e che comunque non ci si debba fermare di fronte alle porte in faccia".

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