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L'uomo ucciso a Torino con un colpo di pistola alla tempia, cercava di proteggere un'amica

Ucciso per avere cercato di proteggere un’amica. E’ una delle ipotesi formulate intorno al caso di Massimo Melis, 52 anni, operatore della Croce Verde, trovato senza vita a Torino nella propria auto parcheggiata in uno spiazzo in via Gottardo, zona Barriera di Milano, verso la periferia settentrionale della città. Dagli accertamenti svolti dagli investigatori della Squadra mobile della Questura è emerso che la donna, negli ultimi tempi, era in apprensione per il comportamento di un suo conoscente. Gli investigatori sono sulle tracce di un uomo di 62 anni, già noto alle forze dell’ordine, che nelle ultime ore si è reso irreperibile. Domenica scorsa Massimo Melis aveva fatto la spesa con l'amica in un supermercato, poi l’aveva accompagnata a casa: quindi, verosimilmente tra le 22 e le 23, qualcuno gli ha sparato.

Una specie di esecuzione. Melis era seduto al posto del conducente e non aveva ancora allacciato la cintura di sicurezza. La chiave di accensione era inserita. Il proiettile, uno solo, esploso a distanza ravvicinata, lo ha raggiunto alla tempia sinistra con un’angolazione caratteristica, attraversando il cranio e raggiungendo la portiera opposta. Il killer, poi, ha chiuso con calma lo sportello e si è allontanato senza portare via portafogli, denaro o altro. Non ci sono tracce che riconducano a una colluttazione o a qualche tentativo di reazione. Un lavoro fatto con calma. Prima che fosse dato l’allarme sono trascorse almeno 14 ore. La zona isolata e mal frequentata, la pioggia, il freddo e la giornata festiva non hanno aiutato.

La mamma di Massimo, preoccupata perché il figlio non rispondeva al cellulare, ha chiamato l’amica, che è scesa in strada insieme alla sorella e ha notato la Fiat Punto di colore blu. Con un corpo immobile nell’abitacolo. Entrambe, pensando a un malore, hanno chiamato il 118. Ma presto ci si è resi conto che si trattava di un delitto. Uno dei primi punti da chiarire è il momento esatto dell’omicidio. Per quanto se ne sa, dopo essersi separato dalla donna Melis potrebbe avere trascorso almeno un’ora, se non di più, prima di trovarsi faccia a faccia con l’aggressore. L'autopsia porterà senz'altro degli elementi utili. Nel frattempo quello che traspare di Massimo è un ritratto senza ombre.

«Un uomo perbene», lo definiscono i colleghi. Melis lavorava come autista e, all’occorrenza, come soccorritore. «Era una persona riservata - ripetono alla Croce Verde - e non parlava molto della sua vita privata, ma che avesse dei nemici sembra davvero improbabile. Era cortese, garbato, disponibile. Quando ci è stata portata la notizia siamo rimasti a bocca aperta». La sua frequentazione con l’amica, barista nel locale del papà, era di lunga data. Tra i due, in passato, c'era stata anche una relazione. I rapporti erano sempre rimasti buoni. Però, ultimamente, sembra che lei gli avesse rivelato che qualcuno la infastidisse. E lui, con la sua consueta generosità, cercava di darle una mano, di non farla sentire sola. Proprio come domenica scorsa, quando l’ha scortata fino sul pianerottolo, dove, poco dopo le 21, le ha lasciato le buste con la spesa. Il retroscena comunque non è mai stato portato all’attenzione delle forze dell’ordine: non risulta alcuna denuncia. Gli investigatori, stamani, hanno riascoltato la donna per avere qualche indicazione in più. E adesso hanno anche un nome su cui concentrare gli accertamenti. Altre ipotesi comunque non vengono trascurate. Che Melis non avesse problemi con i colleghi sembra un dato acquisito. Ma lavorare alla Croce Verde lo aveva portato a contatto con situazioni di disagio sociale e mentale.

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