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Trent’anni di “Beautiful” madre di tutte le soap

La più popolare soap opera al mondo è, senza dubbio, “Beautiful”. Nata nell’87 negli Stati Uniti – col titolo originale di “The Bold and the Beautiful” – fu portata in Italia dalla Rai esattamente trent’anni fa, in concomitanza col Mondiale di Calcio di Italia 90. Fu da subito un grande successo che i vertici di Viale Mazzini non si aspettavano minimamente: trasmessa su Rai2 come prodotto “sostitutivo” di un’altra soap americana interrotta in quel periodo, le puntate raccolsero una media di sei milioni di telespettatori, un’enormità considerando che la fascia oraria era quella del pomeriggio. Venne quindi spostata nel preserale per far da traino al TG2 e gli accaniti fan alle vicende di Ridge, Stephanie & Co hanno potuto seguirle sulla tv pubblica fino al 1994.

Alla scadenza dei diritti televisivi, ci fu la geniale intuizione di Silvio Berlusconi che decise di acquistarli per le sue reti, rendendo ancora oggi “Beautiful” uno dei programmi di punta di Mediaset.

Sono molte le soap opera create in quel periodo, come “Dynasty”, “Febbre d’amore” o “Quando si ama”, ma il successo planetario di quella creata da William e Lee Phillip Bell è inarrivabile per tutte. Oggigiorno è trasmessa in oltre 100 Paesi ed è tutt’ora seguita da circa 40 milioni di telespettatori in tutto il mondo.

Ma quali sono le origini dietro questo successo, specialmente in Italia? Il principale punto di forza della serie è che rappresenta una realizzazione del sogno americano, comprese le sue miserie e le sue decadenze. Di riflesso, nel Belpaese ha trovato un pubblico che vedeva declinati nella serie il rampantismo, gli yuppies e la Milano da bere degli anni 80, finanche il consumismo e il craxismo. Neanche il caos di Tangentopoli e il radicale cambiamento nella percezione di un certo stile di vita hanno minimamente intaccato l’affetto dei fan per la soap, sopravvissuta nei decenni anche a crisi economiche e a conflitti bellici che avrebbero potuto minarne il consenso.

Oggi la serie punta soprattutto sulle nuove generazioni con un cast che negli anni si è completamente rinnovato, anche se uno degli elementi ricorrenti in “Beautiful” è il ritorno inaspettato di vecchi personaggi, ma anche questa è una delle chiavi di lettura della serie: in fondo anche gli idoli sono mortali. Mortali come invece non sembra essere questo pezzo di storia della televisione che, seppur tra alti e bassi, è uscita quasi indenne dal tracollo che negli ultimi decenni hanno avuto le soap opera in tv, compresi prodotti italiani come “CentoVetrine” e “Vivere”.

Sono diversi i fattori che hanno portato questo genere a un tracollo degli ascolti nel corso degli anni, il principale dei quali è il target di riferimento a cui è rivolto: nato nella seconda metà del ’900, è stato pensato soprattutto per un pubblico femminile che prendeva forma nella classica casalinga, una figura che con l’esplosione dell’occupazione femminile, fortunatamente, sta andando sempre più a scomparire. Un altro fattore, senza dubbio, sono i grandi investimenti nel settore dell’intrattenimento televisivo, che ha portato colossi come i network americani a creare serie tv di una qualità estremamente elevata, rendendo le soap desuete dal punto di vista dei contenuti e del comparto tecnico.

Ma “Beautiful” è l’eccezione che conferma la regola, e siamo sicuri che festeggeremo tanti altri compleanni di questo celebre romanzo popolare.

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