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Italia, bella e coraggiosa. Mancini e il suo vaso di creta: comunque vada è un progetto vincente

Non succede, ma se succede la lista dei ringraziamenti è lunga. Anche se non dovesse succedere, in realtà. Non sarà un'avventura - gioco di parole a parte - perché questa cosa a tinte azzurre ha le sembianze di un progetto. Lo era sin da quando la Federazione - giusto dare a Cesare quel che è di Cesare - all'indomani della Waterloo più dolorosa della storia azzurra, nel 2017, decise di decapitare i vertici e scegliere un allenatore da progetto. Non uno qualunque, ma un predestinato. Un vincente ai limiti dell'ossessione, Roberto Mancini. Che proprio non sopporta la sconfitta. E questa suscettibilità speciale l'ha trasmessa ai suoi ragazzi. Un po' come aveva provato a fare Conte, riuscendo a centrare obiettivi insperati con una squadra di livello inferiore per la tradizione italiana. Ma quello non era un progetto, perché quando ci si affida a una guida come Conte è un po' come scegliere la strada dell'elettroshock. Il Mancio, in questo, è diverso dal suo collega. Ha plasmato la sua Italia un po' come Demi Moore e Patrick Swayze avevano fatto con quel vaso di creta nella scena più famosa di Ghost: con amore e delicatezza. Non ha scelto la strada della scossa emotiva, ma ha imboccato quella del gioco (bisogna dargliene atto), cercando di scuotere la pignatta tricolore per vedere cosa potesse venir fuori (basti pensare a quanti azzurri sono stati passati sotto il vetrino nel triennio manciniano). Ma soprattutto ha avuto il coraggio di affondare il bisturi nelle carni attempate di una squadra scarica, depressa. Quasi decotta.

Ricordo Ventura

E nella lista dei ringraziamenti non può che finire anche Ventura. Ma chi, quello il cui nome sarà per sempre associato alla più brutta figura del calcio italiano a livello internazionale? Sì, proprio lui. Adesso possiamo dirlo, l'ex allenatore del Torino ebbe l'ingrato compito di ricevere il cerino quando ormai la fiammella azzurra stava per spegnersi. Un po' carnefice e un po' vittima di una situazione globale che, no, proprio non funzionava. Ma soprattutto un allenatore normale, non un predestinato come il Mancio, comunque vada.

I record irraggiungibili

Finale o non finale, vittoria o non vittoria, ciò che ha costruito l'Italia del Mancio è già nei libri di storia: 32 risultati utili consecutivi. La parola sconfitta non è ancora stata contemplata dalle parti di Coverciano da quando il tecnico di Jesi si è preso la scena ed è salito in groppa a quella che si sta rivelando un'araba fenice. Prima o poi la catena si spezzerà, come accade sistematicamente nella vita e nello sport, ma riuscire anche solo a inanellare un filotto del genere in futuro sarà impensabile. E questo anche se la Spagna dovesse sbatterci in faccia la porta dei sogni.

Spocchiosi, avanti il prossimo

Di sicuro, un tecnico esperto come Luis Enrique non ci cascherà come è accaduto ai suoi “predecessori”: dall'austriaco Foda al belga Martinez, che hanno dato quasi per scontato il passaggio del turno contro gli azzurri, mentre il coro delle cassandre (dal francese Vieira al tedesco Muller) declamava l'epitaffio degli azzurri. Ecco, se Luis Enrique avrà seguito la vicenda, magari non stuzzicherà l'orgoglio azzurro. Chi ha scelto questa strada sta ancora vagando come un'anima in pena “godendosi” una vacanza anticipata che, no, proprio non aveva messo in preventivo. Mentre il Mancio e suoi ragazzi continuano a lavorare quel vaso di Creta con amore e pazienza.

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