Domenica 10 aprile i francesi saranno chiamati alle urne per il primo turno delle elezioni presidenziali. Se nessuno dei candidati otterrà la maggioranza assoluta - 50 per cento più uno degli aventi diritto - i due candidati maggiormente votati accederanno al secondo turno, in programma domenica 24 aprile. Sono in corsa dodici candidati: Emmanuel Macron, Marine Le Pen, Eric Zemmour, Valerie Pecresse, Jean Luc Melenchon, Anne Hidalgo, Yannick Jadot, Philippe Poutou, Fabien Roussel, Nathalie Arthaud, Jean Lassalle e Nicolas Dupont Aignan. I più accreditati dai sondaggi per il ballottaggio sono il presidente uscente e la leader del Rassemblement National. Potranno votare tutti i cittadini francesi che hanno almeno 18 anni e sono iscritti nelle liste elettorali. In tutto si tratta di 48,7 milioni di persone, 1,4 milioni delle quali residenti all’estero. Chi compie 18 anni tra il 10 e il 24 aprile potrà esprimere la propria preferenza solo al secondo turno.
Può votare anche chi è positivo al Covid
Può far valere il proprio diritto di cittadino anche chi è positivo al Covid-19. Il protocollo sanitario messo a punto dal governo prevede infatti che non possa essere chiesta agli elettori una prova di avvenuta vaccinazione nè il certificato di un test negativo. Nella giornata di domenica i seggi saranno aperti dalle 8 alle 19 in tutto il paese, ma in alcune grandi città - Parigi, Lione, Marsiglia, Rennes, Tolosa, Grenoble, Nantes e Bordeaux - si potrà votare fino alle 20. Nel calcolo delle preferenze espresse non vengono considerate le schede bianche e le schede nulle. I primi exit poll saranno divulgati dai media a partire dalle 20 del 10 aprile, dopo la chiusura delle urne. Il ministero dell’Interno comunicherà i risultati ufficiali la stessa sera, dopo le prime informazioni inviate dai seggi. A partire dalla mezzanotte di venerdì 8 aprile comincerà il silenzio elettorale. I candidati non potranno più essere intervistati e non potranno più fare campagna fino alla proclamazione dei risultati del primo turno. Lo stesso divieto vale per la pubblicazione dei sondaggi.
Sono in tutto 12 i candidati alla presidenza francese in una corsa all’Eliseo che parte ufficialmente oggi per concludersi il 9 aprile a mezzanotte prima del voto del 10, primo turno. Dopo due settimane si svolgerà il ballottaggio, la domenica 24 aprile, giorno in cui si saprà in nome del prossimo presidente della Repubblica. Dei 12 candidati sei hanno partecipato alle elezioni del 2017, quando erano invece 11 in lizza.
Nei tredici giorni a venire i dodici candidati avranno un uguale tempo di parola nelle trasmissioni radiofoniche e televisive e potranno rivolgere le loro promesse per posta ai francesi, cercando di stravolgere o di confermare i sondaggi che vedono il presidente della Repubblica Emmanuel Macron in testa al primo turno con il 28 per cento nelle intenzioni di voto, seguito da Marine Le Pen del Rassemblement National al 20 per cento e da Jean Luc Melenchon della France Insoumise al 14 per cento. Eric Zemmour di Reconquete e la repubblicana Valerie Pecresse si contendono invece il quarto e il quinto posto. Di seguito chi sono i candidati e i loro programmi:
- EMMANUEL MACRON, IL "PRESIDENTE CANDIDATO"
In una lettera ai francesi pubblicata lo scorso tre marzo sulla stampa locale, il presidente della Repubblica Macron ha annunciato la sua ricandidatura per l’Eliseo. Prima vicesegretario generale e poi ministro dell’Economia, dell’Industria e dei Numeri sotto Francois Hollande, Macron ha vinto le elezioni del 2017 con il partito la Republique en Marche, riportando il 66 per cento dei voti al secondo turno contro Marine Le Pen e diventando l’inquilino dell’Eliseo più giovane della storia. Il suo mandato è stato segnato prima dalla crisi dei gilet gialli, poi dall’inizio della pandemia da coronavirus e infine dallo scoppio della guerra in Ucraina. Gli ultimi sondaggi lo danno favorito anche stavolta, sia al primo che al secondo turno. Nel suo programma elettorale, presentato alla metà del mese, Macron insiste molto sulla sovranità e sulla transizione energetiche. In questo senso, il leader della Republique en Marche promette il rinnovamento termico di 700.000 appartamenti all’anno, la costruzione di cinquanta parchi eolici in mare entro il 2050, la costruzione di 14 nuovi reattori nucleari per accompagnare il passaggio verso le rinnovabili e l’istituzione di un sistema di leasing per i veicoli elettrici volto a incoraggiare i cittadini ad abbandonare quelli inquinanti.
A questo obiettivo Macron affianca il raggiungimento dell’indipendenza agricola - tema tornato al centro del dibattito pubblico dopo l’inizio del conflitto in Ucraina - da ottenere con l’investimento sulle nuove generazioni di agricoltori e con la formazione di una filiera agricola tutta europea. Per ciò che riguarda il potere d’acquisto dei francesi, il candidato presidente vuole intervenire con alcuni accorgimenti fiscali quali l’alleggerimento delle tasse di successione, la soppressione del canone televisivo e la riduzione delle imposte per le coppie che vivono insieme. In tema di lavoro, sono due le misure che vorrebbe adottare: l’allungamento dell’età pensionabile a 65 anni e la trasformazione dell’agenzia per il lavoro in uno sportello unico dedicato, tra le altre cose, ai servizi di formazione e di ricerca di occupazione. Capitolo Ucraina: Macron, che è stato uno dei principali interlocutori di Vladimir Putin nel primo mese di guerra, ha scelto di dare armi all’Ucraina e nel futuro vuole continuare a sanzionare la Russia e aumentare il budget di spesa militare della Francia portandolo a 50 miliardi all’anno nel 2025. La sua posizione sull'utilità della Nato, definita nel 2019 «in uno stato di morte cerebrale», è cambiata in positivo dopo l’inizio del conflitto.
- MARINE LE PEN: L’ESTREMA DESTRA CHE SFIDA MACRON
Nel 2017 Marine Le Pen, candidata dell’estrema destra alle presidenziali francesi del prossimo aprile, è arrivata fino al secondo turno contro Emmanuel Macron. Secondo i sondaggi sulle intenzioni di voto che la vedono in seconda posizione, oscillante tra il 19 e il 20 per cento delle preferenze, potrebbe farcela anche stavolta. Figlia di Jean Marie, fondatore del Front National, Le Pen ha preso le redini del partito nel 2011, per poi cambiargli nome in Rassemblement National ed espellere il padre. Il primo grande punto del suo programma è la gestione dei flussi migratori: la candidata dell’estrema destra propone di trattare le domande d’asilo unicamente nelle ambasciate e nei consolati francesi all’estero, di espellere i migranti senza documenti e gli stranieri condannati, di mettere fine allo ius soli e all’acquisizione automatica deilla nazionalità francese attraverso il matrimonio. Per quanto riguarda in particolare gli islamici, Le Pen intende vietare per legge l’uso del velo nei luoghi pubblici. L’altra sua grande priorità è il mantenimento della sicurezza interna; a questo proposito vuole abolire le riduzioni di pena in favore dei condannati per violenza contro la persona e ritiene necessario istituire la presunzione di legittima difesa per le forze dell’ordine.
Sul fronte potere d’acquisto, altro grande tema di questa campagna elettorale, la leader dell’Rn promette di abbassare dal 20 al 5,5 per cento l’imposta sul valore aggiunto per l’energia, di eliminare il canone televisivo con la privatizzazione delle emittenti pubbliche e di rinazionalizzare le autostrade per diminuire del 15 per cento i prezzi del pedaggio. Per i giovani che decidono di restare in Francia Le Pen prevede inoltre di eliminare l’imposta sul reddito fino al raggiungimento dei 30 anni. Per i più anziani, invece, assicura che ci sarà una pensione minima di 1000 euro. Dall’inizio dell’invasione russa in Ucraina, evento che ha inciso non poco sulla dinamica elettorale, la candidata dell’estrema destra si è opposta all’invio di truppe francesi sui territori di guerra, si è dichiarata sfavorevole alle sanzioni economiche contro la Russia - sicura che ci saranno conseguenze negative sul potere d’acquisto dei francesi - e ha invocato l’uscita della Francia dal comando integrato della Nato.
- ANNE HIDALGO, LA CANDIDATA DEI SOCIALISTI
Originaria di una famiglia di spagnoli emigrati in Francia, militante del Partito socialista dal 1994, Anne Hidalgo è stata prima consigliera ministeriale dal 1997 al 2001 nel governo di Lionel Jospin, poi vicesindaca di Parigi per tredici anni e, infine, dal 2014 alla guida della capitale francese. Nei sondaggi la candidata del Ps all’Eliseo è data al 2 per cento per il primo turno. Nei mesi di campagna elettorale la sua candidatura è stata giudicata debole anche da parte di molto membri della sinistra, tanto che a più riprese si è parlato di una sostituzione lampo con un altro socialista, Francois Hollande, l’ex presidente della Repubblica che alla fine ha scelto di sostenere fino in fondo la sindaca di Parigi. In tema di lavoro, Hidalgo ha promesso ai francesi di aumentare il salario minimo del 15 per cento - ovvero 200 euro - mantenendo l’età pensionabile a 62 anni, di creare un’indennità di disoccupazione universale accessibile anche ai giovani e di allungare il congedo parentale per i padri a 16 settimane, di cui sei obbligatorie. Per quanto riguarda le politiche di genere, la candidata dei socialisti vuole creare un ministero dei diritti delle donne e dotarlo di oltre un miliardo di euro per la lotta alle violenze e alle discriminazioni di ogni tipo. Un altro grande tema della campagna elettorale è stata la crisi energetica e la transizione verso le rinnovabili; esprimendosi su questo punto, nell’immediato Hidalgo ha detto di voler abbassare l’imposta sul valore aggiunto per gas ed elettricità, sul lungo periodo vorrebbe sfruttare il nucleare fino al 2050 come strumento verso la transizione, la quale sarebbe finanziata anche con la creazione di un’imposta climatica sulla fortuna.. In materia di politica internazionale, a un mese dallo scoppio della guerra in Ucraina, la sindaca di Parigi ha più volte sottolineato la necessità di inviare materiale militare alla popolazione invasa per far fronte al conflitto, di sanzionare pesantemente la Russia anche con l’embargo sul gas e sul petrolio e di aumentare la spesa militare francese da qui fino al 2025.
- VALERIE PECRESSE: IL VOLTO DELLA DESTRA MODERATA
Prima consigliera di Jacques Chirac, poi ministra dell’Istruzione superiore e della Ricerca sotto Nicolas Sarkozy e infine presidente dell’Ile de France dal 2015. Ora la repubblicana Valerie Pecresse è in corsa per l’Eliseo, dopo aver vinto le primarie di partito nello scorso dicembre. Nonostante i sondaggi la indicassero inizialmente la possibile sfidante di Emmanuel Macron al secondo turno, oggi si posiziona al quarto posto nelle intenzioni di voto, con l’11 per cento. Il programma di Pecresse tocca soprattutto la sicurezza interna e il potere d’acquisto. A questo proposito, la presidente dell’Ile de France propone di investire cinque miliardi di euro nella modernizzazione dei mezzi d’azione delle forze dell’ordine e di rendere obbligatoria la presenza di polizia municipale armata nelle città con più di 5000 abitanti. Pecresse ha intenzione inoltre di stabilire delle quote massime di accoglienza per gli stranieri, di mettere fine allo ius soli e di impedire la regolarizzazione delle persone entrate sul solo francese in maniera irregolare. Per rafforzare il potere d’acquisto dei cittadini, l’ex ministra dell’Istruzione superiore vuole alzare i salari del 10 per cento in cinque anni, garantendo inoltre una pensione - che verrebbe portata a 65 anni entro il 2030 - pari almeno allo stipendio minimo aumentato del 25 per cento. Allo stesso tempo vuole eliminare il canone televisivo e sopprimere l’imposta sul valore aggiunto per l’elettricità. In tema di transizione ecologica, la strategia di Pecresse è costruire sei nuovi reattori nucleari e rinnovare quelli già esistenti e impedire la vendita di veicoli a motore termico nuovi nel 2035. Dopo lo scoppio della guerra in Ucraina, la candidata repubblicana si è detta favorevole ad accogliere i rifugiati ucrani, ha promesso di aumentare, se eletta, il budget stanziato per la difesa nazionale fino ad oltre il due per cento del prodotto interno lordo e ha auspicato la creazione di un consiglio di sicurezza paneuropeo.
- YANNICK JADOT, IL CANDIDATO DEI VERDI FRANCESI
Da attivista di Greenpeace a capofila dei Verdi alle presidenziali francesi del prossimo aprile. Yannick Jadot, candidato con il partito Europe Ecologie-Les Verts, entra in politica nel 1999, per poi essere eletto deputato europeo nel 2008 e vincere le primarie francesi degli ecologisti nel 2016. Il suo programma elettorale si concentra molto sulle proposte in tema di clima e transizione energetica. Jadot vuole innanzitutto investire dieci miliardi all’anno per il rinnovamento termico degli edifici e vuole abbandonare in maniera progressiva il nucleare, spegnendo una decina di reattori entro il 2035, così come vuole proibire la vendita di nuovi veicoli a motore termico nel 2030. L’ex leader di Greenpeace Francia intende inoltre nazionalizzare d’Edf, la maggior azienda produttrice di energia del paese, vietare la plastica monouso entro il 2030, stanziare 4 miliardi all’anno per il rinnovamento delle ferrovie esistenti e proibire i voli quando la stessa distanza può essere coperta in treno in meno di quattro ore. Per finanziare la transizione ecologica Jadot ha pensato a un’imposta climatica sulla ricchezza, con cui tassare i patrimoni superiori a due milioni di euro in base all’impatto delle attività finanziarie e immobiliari dei singoli. E a livello europeo, l’ecologista chiede di mettere fine al Patto di stabilità e crescita e di sostituirlo con un accordo tra gli stati basato su criteri ecologici. Sulla questione ucraina, il candidato dei Verdi si è espresso chiedendo l’embargo su gas e petrolio russo e l’isolamento economico e diplomatico del paese di Vladimir Putin, dicendosi d’accordo ad inviare armi in Ucraina. In materia di lavoro, Jadot da presidente della Repubblica porterebbe il salario minimo a 1500 euro netti, sanzionerebbe i contratti a breve durata e istituirebbe un reddito di cittadinanza di circa 900 euro versato automaticamente a partire dai 18 anni. Tra le altre sue proposte, ci sono anche la modifica della durata del mandato presidenziale, che sarebbe riportato a sette anni non rinnovabili, e la legalizzazione della cannabis, con la vendita e la produzione affidate allo Stato e l’investimento dei proventi sulle politiche di sanità pubblica.
- JEAN-LUC MELENCHON: ATOUT DELLA 'GAUCHE' ALLA RISCOSSA
Ex ministro delegato all’insegnamento professionale sotto il governo di Lionel Jospin ed ex socialista staccatosi nel 2008 dal partito per fondare il suo movimento - poi confluito nel 2016 nella France Insoumise - Jean Luc Melenchon, a 71 anni, è il più anziano tra i candidati all’Eliseo. I sondaggi lo danno oggi tra la terza e la quarta posizione per il primo turno, con il 12 per cento circa nelle intenzioni di voto. Sia nel 2012 che nel 2017 ha concluso quarto, con l’11,1 per cento e il 19,6 per cento dei voti. Nel suo programma Melenchon insiste molto sull'intervento nel mercato del lavoro. Le principali proposte in questo senso sono l’aumento del salario minimo a 1400 euro netti - a cui si adeguerebbe anche la pensione, con l’età per il ritiro dal lavoro portata a 60 anni - l’istituzione di una quota massima del 10 per cento di contratti precari nelle piccole e medie imprese e del 5 per cento nelle grandi compagnie e l’abrogazione della riforma introdotta da Emmanuel Macron sull'indennità di disoccupazione. Per i giovani tra i 18 e i 25 anni, Melenchon vuole mettere a disposizione un assegno mensile di 1.063 euro che li sostenga nel raggiungimento dell’indipendenza economica rispetto al nucleo familiare. Sul fronte crisi energetica, il leader della France Insoumise vuole bloccare nell’immediato i prezzi dei prodotti di prima necessità, inclusi quelli del gas e dell’elettricità, e accelerare la transizione con un investimento di 200 miliardi di euro, finanziato dal ripristino di un’imposta sulla fortuna e dalle tasse sulle imprese inquinanti. Un altro obiettivo è la riduzione del 65 per cento delle emissioni di gas serra entro il 2030 e l’uscita dal nucleare, con lo smantellamento e la riconversione degli impianti in uso. Sul fronte Ucraina, il leader della France Insoumise, criticato nell’ultimo mese per aver assunto in passato posizioni pro Putin, richiede l’abbandono del comando integrato della Nato, è d’accordo con le sanzioni economiche alla Russia ma propende anche per lo stato di neutralità dell’Ucraina. Le sue proposte più radicali, però, riguardano la riforma del sistema politico. Se eletto, Melenchon vuole convocare una Costituente con lo scopo di passare nel 2024 alla Sesta Repubblica, basata su un regime parlamentare stabile. In questo senso, sarebbe la Costituente a decidere sul ruolo e sul mandato del presidente.
- PHILIPPE POUTOU, L’ANTICAPITALISTA CHE PUNTA ALL’ELISEO
Figlio di un postino e di una madre casalinga, Philippe Poutou è il candidato del Nuovo Partito Anticapitalista alle presidenziali francesi del prossimo aprile. Ha 55 anni e fino al 2019 ha lavorato come operaio nello stabilimento della Ford di Blanquefort, a sud ovest del paese, portando avanti allo stesso tempo la carriera politica. Poutou si è già presentato alle elezioni presidenziali del 2012 e del 2017 con il suo partito, ottenendo rispettivamente 1,15 per cento e l’1,09 per cento dei voti. In materia di lavoro, il candidato dell’estrema sinistra propone di portare il salario minimo a 1800 euro netti, adeguando gli stipendi ai costi della vita, e di ridurre il monte di di lavoro settimanale a 32 ore spalmate su quattro giorni. Vorrebbe inoltre anticipare l’età pensionabile a 60 anni. Per i giovani dai 16 ai 25 anni, l’ex operaio ha in mente di introdurre un reddito di autonomia, che permetta loro di cominciare a rendersi indipendenti economicamente dal nucleo familiare. In materia di crisi energetica, Poutou vorrebbe nazionalizzare le imprese più importanti del settore, come Edf e Total, e vorrebbe invertire la rotta della Francia fermando l’utilizzo del nucleare in dieci anni. Disarmo della polizia, specialmente delle unità a contatto con la popolazione, regolarizzazione di tutti i migranti senza documenti e diritto di voto per gli stranieri residenti in Francia sono alcune delle sue richieste in tema di sicurezza e gestione dei flussi migratori. Capitolo tasse: Poutou vorrebbe rendere l’imposta sui redditi molto più progressiva aumentando il numero delle tranches e sopprimere l’imposta sul valore aggiunto, a partire da quella sui beni di prima necessità. Dopo l’inizio della guerra in Ucraina, il candidato dell’estrema sinistra ha affermato inoltre che da presidente si batterebbe per lo stop all’estensione della Nato. E sempre in ambito militare, una proposta su cui insiste molto è il ritiro immediato delle truppe militari francesi dall’Africa.
- ERIC ZEMMOUR: IL POLEMISTA CHE VUOLE CONQUISTARE LA FRANCIA
Giornalista, saggista e polemista. Prima di candidarsi alle elezioni presidenziali francesi del prossimo aprile a 63 anni, fondando il suo partito di estrema destra Reconquete, Eric Zemmour era già noto per le sue posizioni radicali e controverse. Ospite fisso di alcune celebri trasmissioni televisive e radiofoniche locali, nel corso degli anni Zemmour è stato accusato di omofobia, misoginia, islamofobia e razzismo. Dato inizialmente come possibile sorpresa del primo turno, ora nei sondaggi sulle intenzioni di voto si aggira tra la quarta e la quinta posizione, oscillando tra il 10 e 11 per cento dei sostegni. Il suo programma elettorale è molto incentrato sulla difesa sicurezza interna. In questo senso, il candidato dell’estrema destra vuole «ridurre l’immigrazione a zero» espellendo i detenuti stranieri e le persone contrassegnate dalle forze dell’ordine come una minaccia alla sicurezza nazionale, limitando le richieste di asilo delle persone extracomunitarie, abolendo lo ius soli e il diritto di ricongiungimento familiare. Tra le altre sue proposte, c'è anche quella di obbligare i nuovi bambini nati in Francia ad avere un nome francese. Zemmour vorrebbe inoltre vietare il velo islamico negli spazi pubblici e la costruzione di minareti e moschee imponenti. In tema di potere d’acquisto, il candidato dell’estrema destra promette invece di rafforzare gli stipendi dei francesi di almeno 100 euro, non aumentando il salario minimo ma abbassando le imposte sociali a carico dei lavoratori. Più volte al centro dell’attenzione per affermazioni sessiste e misogine, in materia di politiche di diritti delle donne il leader della Reconquete ha in programma di rendere obbligatorio il braccialetto elettronico per i condannati per violenza coniugale, mentre è contrario all’allungamento del diritto all’aborto a quattordici settimane diventato recentemente legge. Capitolo Ucraina: l’ex giornalista di Le Figaro - che ha subito nei sondaggi un calo anche a causa delle affermazioni pro Putin degli ultimi anni - è contrario all’embargo sul gas e sul petrolio russo, ha affermato di preferire che i profughi ucraini vengano ospitati dei paesi limitrofi e ha più volte evocato la necessità di un trattato volto a vietare all’Ucraina di entrare nella Nato.
- FABIEN ROUSSEL, COMUNISTA PER LA PRIMA VOLTA IN CAMPO
Le elezioni presidenziali francesi, che cominceranno con il primo turno del 10 aprile, hanno tra i candidati in corsa anche Fabien Roussel del Partito comunista francese. Cresciuto in una famiglia di militanti comunisti, Roussel ha lavorato come reporter televisivo prima di virare sulla politica nel 1997. Nel 2018 ha conquistato le redini del suo partito. Si tratta della sua prima discesa in campo per l’Eliseo; nei sondaggi sulle intenzioni di voto è dato al 3,5 per cento al primo turno. Roussel vorrebbe aumentare il salario minimo - portandolo a 1500 euro netti - e ridurre le ore settimanali di lavoro fino a 32. La pensione, non inferiore a 1200 euro netti, scatterebbe a 60 anni. In materia di politiche giovanili, Roussel vuole creare un reddito per gli studenti di 850 euro, vuole eliminare la selezione nei percorsi universitari e allungare la giornata scolastica per eliminare i compiti a casa, considerati come una pratica influenzata troppo dalla diversa situazione familiare degli alunni. In tema di tasse, Roussel chiede di ridurre l’imposta sul reddito aggiunto, di creare 15 scaglioni al posto degli attuali cinque per l’applicazione dell’imposta sul reddito e diristabilirebbe l’imposta di solidarietà sul patrimonio per i più ricchi, triplicandola rispetto al passato. Alla voce energia, il candidato dei comunisti ha inserito nel suo programma la nazionalizzazione della compagnia dell’elettricità Edf e quella del gas Engie. E se da una parte promette di portare la Francia alla neutralità carbonica entro il 2050, dall’altra crede che la via per la transizione energetica sia un mix tra il nucleare e le rinnovabili. In seguito allo scoppio della guerra in Ucraina, Roussel ha dichiarato inoltre di volere l’uscita della Francia dalla Nato e la firma di un trattato sull'interdizione delle armi nucleari. Per le politiche sulla parità di genere, infine, l’ex giornalista vorrebbe creare un ministero dei diritti delle donne. Tra le sue proposte, a questo proposito, c'è l’inserimento del diritto all’aborto in Costituzione.
- NATHALIE ARTHAUD, LA CANDIDATA DI LOTTA OPERAIA
Il 10 aprile, al primo turno delle presidenziali francesi, ci sarà anche Nathalie Arthaud. 52 anni, docente di economia nella regione parigina e da 18 anni militante del partito Lotta operaia, per lei non è la prima volta da candidata dell’estrema sinistra. La prima discesa in campo risale al 2012, quando ha riportato lo 0,56 per cento dei voti. Sempre nel 2012, è stata oggetto di polemiche per aver comparato Gaza a «un campo di concentramento a cielo aperto» nel corso di un’intervista al sito EuroPalestine. Jonathan Hayoun, presidente dell’Unione degli studenti ebrei di Francia, aveva allora denunciato le sue parole, dichiarando che «lottare per i diritti dei palestinesi non è cadere nell’oltraggio». Il programma di Arthaud per la Francia si basa molto su alcune rivendicazioni riguardanti il mondo del lavoro e il potere d’acquisto dei cittadini; dalla diminuzione del monte settimanale di ore di lavoro all’aumento dello stipendio minimo a 2000 euro netti, passando per l’anticipo dell’età pensionabile a 60 anni e l’adeguamento dei salari ai prezzi per contrastare l’inflazione. Per far fronte alla crisi energetica internazionale, la candidata di Lotta operaia vuole azzerare le tasse sul carburante per i lavoratori, addossandole alle stesse imprese petrolifere, e sopprimere l’imposta sul valore aggiunto. Sulla questione ucraina, Arthaud ritiene che la Francia debba restare in una posizione neutrale. In questo senso, è contraria all’invio di armi all’Ucraina e alle sanzioni economiche contro la Russia, perchè «sarà la popolazione a pagare questa misura».
- JEAN LASSALLE, IL CANDIDATO CHE VUOLE DIFENDERE LE CAMPAGNE
Uno sciopero della fame nel 2006 per protesta contro la delocalizzazione di una fabbrica, ma anche una marcia di 6.000 chilometri per incontrare i francesi nel 2013. Jean Lassalle, 66 anni, candidato alle presidenziali francesi del prossimo aprile con il partito Resistons!, ha una carriera di lungo corso nelle istituzioni ed è noto per i metodi politici alternativi ed i molti interventi critici all’Assemblea nazionale, dove ricopre il ruolo di deputato dal 2002. Distaccatosi dai centristi di MoDem nel 2016, per lui è la seconda corsa corsa all’Eliseo, dopo quella del 2017. I sondaggi sulle intenzioni di voto lo danno allo 0,5 per cento per il primo turno. Lassalle dedica una parte importante del suo programma alla riforma delle istituzioni. In particolare, vorrebbe dare la possibilità ai francesi di decidere attraverso referendum sulla durata del mandato presidenziale e di quello parlamentare. Per i giovani, Lassalle prevede di mettere a disposizione un prestito statale a tasso zero di 20.000 euro dedicato agli studenti. Il candidato di Resistons vorrebbe inoltre affrontare la crisi energetica abbassando l’imposta sul valore aggiunto relativa agli idrocarburi dal 20 al 5,5 per cento e calmierando il prezzo di acqua ed elettricità. Dopo l’inizio dell’invasione ucraina da parte della Russia e l’inizio delle discussioni sulle politiche di difesa, Lassalle ha chiesto l’uscita della Francia dalla Nato.
- NICOLAS DUPONT AIGNAN, UN SOVRANISTA IN CORSA PER L’ELISEO
Figlio di uno dei primi aviatori della prima Prima guerra mondiale, Nicolas Dupont Aignan, 61 anni e in corsa per l’Eliseo con Debout La France, ha cominciato il suo corso politico nelle formazioni della destra tradizionale, prima di fondare nel 2007 il proprio partito. Sovranista ed euroscettico, la sua prima candidatura alle presidenziali risale al 2012. Nel 2017 al primo turno ha raccolto il 4,7 per cento dei consensi e ha chiamato i suoi elettori a votare per Marine Le Pen al ballottaggio con Emmanuel Macron. Quell'alleanza poi si è rotta e oggi Dupont Aignan è dato nei sondaggi all’1,5 per cento. Il suo programma prevede una revisione delle istituzioni, in particolare il ritorno a un mandato presidenziale di sette anni, ma con la possibilità di revoca alla metà attraverso un referendum d’iniziativa cittadina. In campo internazionale, invece, il leader di Debout La France vorrebbe rimpiazzare l’Unione europea con una «comunità delle nazioni libere» che possa agire solamente nei settori ad essa delegati dagli Stati membri e solo dopo un voto all’unanimità; allo stesso tempo desidera la fine degli accordi di Schengen e la ripresa del controllo delle frontiere nazionali. Dopo lo scoppio della guerra in Ucraina, il candidato sovranista si è schierato anche per l’uscita della Francia dalla Nato.
L'analisi del politologo Jèrome Jaffrè
«Se domenica verrà superato il precedente record di astensionismo del 28,4%, risalente al 2002, saremo di fronte a una rottura tra i cittadini, il voto e la sfera politica. Un trend già in atto da due anni che si è accelerato con il Covid». A quattro giorni dal primo turno delle presidenziali francesi, è questa la posta in gioco evidenziata all’AGI da Jèrome Jaffrè, fondatore e direttore del Centro studi e conoscenza dell’opinione pubblica (Cecop) in attività dal 1988. In effetti alle elezioni municipali del 2020 e alle regionali del 2021 si era già registrata un’astensione record, del 58,4% alle prime e del 65,31% alle seconde. «In Francia le presidenziali sono da sempre considerate la 'reginà delle votazioni che riesce a mobilitare i cittadini. Si aspettano molto da questo appuntamento con le urne per far sentire le proprie aspirazioni e dare un nuovo slancio al Paese» ha sottolineato il politologo francese membro del prestigioso Cevipof di Sciences Po Parigi.
La questione di fondo è proprio questa: il rapporto dei francesi alle presidenziali, che il 10 aprile potrebbe indicare un netto cambiamento rispetto al passato, segno che «qualcosa non sta più funzionando, che ci sono problematiche irrisolte. Questo lo abbiamo già percepito in questa campagna elettorale» ha prospettato Jaffrè. Al di là dell’entrata in campagna tardiva di Emmanuel Macron - che si è dichiarato candidato il 3 marzo - e della schiacciante attualità internazionale della guerra in Ucraina, la sensazione dominante è stata quella di un interesse minore dei francesi, di uno stallo generalizzato. «Quando un presidente uscente è candidato alla propria successione, generalmente fatica a rimettersi nei panni del candidato e a dare lo slancio necessario alla sua campagna. Il presidente Macron non ha fatto eccezione a questa tendenza» - ha proseguito l’analista - «e a questo si aggiunge la perdita di credibilità evidente dei partiti politici tradizionali e dei loro candidati». Come fa notare l’esperto, la destra tradizionalista di governo, rappresentata da Valèrie Pècresse, è «totalmente crollata», motivo per cui è cresciuto in modo significativo il consenso verso la destra radicale. Di fronte abbiamo il presidente uscente Macron che rappresenta il centro, mentre la sinistra francese è «sparita dai radar ma avrà un ruolo cruciale da giocare al ballottaggio».
Un secondo turno che, il 24 aprile, con ogni probabilità sulla base degli ultimi sondaggi metterà nuovamente a confronto Macron e Le Pen. «Attenzione però, non sarà lo stesso match, la stessa lotta del 2017. Del resto i sondaggi indicano già un risultato più serrato tra i due» ha fatto notare il politologo. Nel 2017 Macron era un «uomo nuovo al quale non si poteva rimproverare nulla. Oggi il suo rapporto con i francesi è decisamente diverso. E’ esposto a critiche sul bilancio del suo mandato, sul suo modo di governare e la sua personalità» ha aggiunto Jaffrè.
Di fronte neanche la leader del Rassemblement National è la stessa persona rispetto a 5 anni fa. «Le Pen ha fatto di tutto per uscire dall’immagine dell’estremista. Suo stile personale è più rilassato, mette meno avanti le misure anti-europee che spaventavano i francesi e sull'immigrazione cerca di dare le giuste risposte alle aspettative dei cittadini» ha fatto notare l’ex vicepresidente del noto istituto di sondaggio Sofres. «Le Pen ha fatto dei progressi e lo dimostra il modo in cui ha portato avanti la sua campagna ed è riuscita ad arginare la netta progressione di Eric Zemmour» ha analizzato Jaffrè. Oltre allo spettro dell’astensionismo, un’altra incognita che grava sull'esito delle presidenziali sarà la capacità di Macron e della sua maggioranza a mobilitare gli elettori durante i 15 giorni che separano il primo turno dal secondo. "Dall’11 aprile comincerà una campagna nuova, a tutti gli effetti. In Francia come all’estero molti danno come certa la rielezione di Macron, ma in realtà l’esito del voto è molto più incerto rispetto al 2017» ha valutato il politologo francese. Alla fine tutto dipenderà da «quanti decideranno che bisogna impedire una vittoria di Le Pen, andando quindi alle urne per votare Macron, e in questa prospettiva avranno un peso enorme gli elettori di tutte le forze di sinistra» ha concluso Jaffrè.
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