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Mattarella bis, Casini: “Non lo invidio, ma Draghi sbaglia”. Carfagna: “Errori bipartisan”

«Non ho rimpianti e mi sento sollevato», dice il senatore Pier Ferdinando Casini a La Repubblica dopo l’esito della votazione per il Quirinale. «Non invidio Sergio Mattarella», dichiara al Corriere. «Il presidente si trova a gestire un quadro politico lacerato e indebolito da giorni di negoziato surreale. Solo la sua capacità di persuasione morale potrà tenere in piedi una situazione così grave», afferma l’ex presidente della Camera. In questa fase «la politica ha dimostrato tutte le sue difficoltà», rileva Casini. Però «i tecnici non possono pensare di sostituire la politica». «Il fatto che tra i principali candidati alla Presidenza non ci fossero parlamentari, ad eccezione della Presidente del Senato e del sottoscritto - nota il senatore -, è il segno devastante della subalternità di una politica marginalizzata».
Anche il premier ha sbagliato, «mi sembra che sia sotto gli occhi di tutti», evidenzia Casini. «Se fossi stato Draghi - dice - avrei dichiarato subito l’opzione a governare il Paese. L'incertezza sul suo destino personale ha pesato e ha avuto un effetto grave e negativo: logorare e indebolire il governo».

Carfagna: “Commessi troppi errori bipartisan”

Nei giorni dell’elezione del presidente della Repubblica «sono stati commessi molti errori: li ha fatti il centrodestra come il centrosinitra. Penso che il vero vulnus di questa elezione - e dell’intera legislatura - stia dentro la cultura politica di chi pensa di risolvere i problemi con i blitz». Mara Carfagna, ministro per il Sud e parlamentrare di Forza Italia, lo dice a Repubblica e critica il leader della Lega, Matteo Salvini. La candidatura di Elisabetta Belloni? «Qualcuno - afferma ancora - voleva usarla per accreditarsi come kingmaker: inqualificabile dare il nome di uno dei più stimati alti funzionari pubblici in pasto ai media». Commentando le parole della presidente di FdI, Giorgia Meloni, sulla necessità di rifondare il centrodestra daccapo, sottolinea: «Non so se questa coalizione è finita. So che è finita l’illusione di governarla dettando la linea politica sui social e confrontandosi più con i follower che con dirigenti e parlamentari. Chi mira a rimettere assieme il centrodestra deve assumersi la responsabilità dell’ascolto e della mediazione» perché, conclude, «la leadership non si fonda su consensi e sondaggi, quanto sulla capacità di essere inclusivi e rappresentativi» e perché «l'era del populismo è finita. Chi l’ha interpretata anche con successo personale, deve rendersene conto».

Tajani: “Il centrodestra si ricompatterà”

Il centrodestra non ha votato compatto alle elezioni per il Quirinale. «Sono giornate in cui i toni salgono, ma poi vedrete che le cose si ricompongono», dichiara il vicepresidente di Forza Italia Antonio Tajani a La Stampa. «È ovvio che ci sono posizioni diverse», dice l’azzurro facendo notare che Fratelli d’Italia è anche fuori dal governo. "Nel giorno dei grandi eventi ci sono sempre toni accesi, ma ci ritroveremo», assicura.
La rottura c'è stata anche con la Lega che a un certo punto ha sostenuto la candidatura di Belloni o Cartabia. «Quando Salvini ha proposto loro - racconta Tajani - abbiamo comunicato al segretario della Lega che avremmo trattato solo per conto nostro».
La coalizione va rivista. «Ci sarà un percorso comune che ci permetta di rendere il centrodestra più forte e attrattivo al centro, sui valori europei», spiega il coordinatore di Forza Italia. «L'anima europeista e popolare deve essere protagonista», aggiunge. Nella corsa per il Colle, Tajani rivela che «Berlusconi è tornato centrale». «A sbloccare l’impasse è stata una telefonata di Enrico Letta a Berlusconi», spiega. Il presidente di Forza Italia, «se non ci fossero stati atteggiamenti ostruzionistici da parte della sinistra, avrebbe pure vinto», sostiene Tajani. «Enrico Letta si è scusato al telefono con Berlusconi per i toni utilizzati», rivela. Nessuna operazione centrista con Italia Viva. «Il centro siamo noi, ma sempre nel centrodestra. Non si aprono strade diverse», afferma l’azzurro.

Brunetta: “Guida Mattarella-Draghi una garanzia”

"La stabilità, la credibilità e la reputazione sono cruciali anche adesso. Chi meglio di loro, Mattarella e Draghi, può assicurarle ancora, senza disperdere il lavoro svolto, ma, anzi, raccogliendone i frutti? Chi altri, se non Mattarella e Draghi, potrebbe portarci a centrare i 102 obiettivi (di cui 66 riforme) fissati nel Pnrr per quest’anno e ottenere le due tranche da 40 miliardi di euro complessivi? Lo sanno le cancellerie europee, lo sanno gli investitori, lo sanno gli italiani. Se ne sono convinti ieri anche i grandi elettori, dopo qualche passo falso e alcune tensioni in tutti gli schieramenti. Hanno scelto, abbiamo scelto, la stabilità, la credibilità e la reputazione, in primis delle istituzioni. Abbiamo pensato al bene del Paese". Lo scrive, in un intervento sul Foglio, il ministro per la pubblica amministrazione, Renato Brunetta. "Così - aggiunge - va letta la rielezione di Mattarella: un successo per l’Italia, per il Parlamento, per la stabilità dell’azione del Governo, che può proseguire più forte e legittimato di prima. Intorno alla figura del capo dello Stato, tra i più amati della storia della Repubblica, si può davvero ritrovare l’unità nazionale".

Borghi: “L'equilibrio dei poteri porta al bene comune”

«L'elezione di Mattarella è stata una bella pagina per l’Italia, che ha anche dimostrato che nell’equilibrio dei poteri la democrazia funziona e può giungere al bene comune. Alla conclamata crisi dei partiti ha supplito lo spirito di iniziativa dei grandi elettori, che ha contributo in maniera decisiva al risultato. E quindi servono letture più approfondite e meno stucchevoli di ciò che è avvenuto. Certamente questa vicenda insegna che comunque c'è una anomalia nel sistema, e che ora servono ancora più buona politica e riforme. Ad iniziare dalla modifica dei regolamenti parlamentari e da una nuova legge elettorale, che sostituisca l’attuale che non funziona. Sul piano politico, premesso che non era una partita di calcio, resta il fatto che il centrodestra esce diviso e il campo largo di centrosinistra esce maturato, e su ciò che è accaduto nei giorni scorsi dovremo fare attente analisi e valutazioni per costruire la coalizione che punterà a vincere le elezioni del prossimo anno, perché come diceva De Gasperi per fortuna in democrazia le elezioni prima o poi arrivano». Lo ha detto stamattina ai microfoni di «Speciale Quirinale» su Radio 1 il deputato e componente della segreteria nazionale del Partito Democratico Enrico Borghi.

Bersani: “Epilogo positivo”

Secondo Pier Luigi Bersani, la corsa per il Colle ha avuto «un finale dolce, dopo una brutta settimana». La rielezione di Sergio Mattarella «è un epilogo positivo, forse inevitabile», dice il deputato di Liberi e uguali a La Stampa. In questo passaggio il Parlamento ha mostrato «ragionevolezza». «Questa leggenda dei peones che lavorano solo per la sopravvivenza - afferma Bersani - è una stupidaggine». «Qui c'è gente che ragiona, ha percepito sulla propria pelle dove si stava arrivando e ha messo un alt», dice. Anche se «il lieto fine lascia inevaso il tema di come il sistema politico, le forze politiche, possano riuscire, nello spazio che questa nuova situazione offre, a darsi una compattezza».
All’appuntamento «si si è arrivati impreparati - prosegue il parlamentare nella sua disanima -, si doveva iniziare prima a confrontarsi per individuare una strada condivisa».«Qualcuno - conclude Bersani - ha capito tardi che l’unica soluzione era puntare su un candidato della maggioranza di governo».

Bellanova: “Adesso priorità al Governo”

«Adesso la priorità è concentrarsi sull'azione di Governo perché l’anno che abbiamo dinanzi richiede a tutti uno straordinario senso di responsabilità,  esattamente come ha voluto sottolineare il Presidente rieletto Sergio Mattarella». Lo ha detto, intervenendo stamane su Radio1, la presidente di Italia Viva Teresa Bellanova, viceministra alle Infrastrutture e Mobilità sostenibili.

Ricciardi: “Di Maio dovrà rendere conto al Movimento”

Dopo la corsa per Quirinale «occorre un chiarimento politico» all’interno del Movimento 5 Stelle per«capire le motivazioni che hanno fatto emergere comportamenti non lineari». Così il vicepresidente dei pentastellati Riccardo Ricciardi a La Repubblica. Le accuse sono rivolte in particolare all’ex capo politico Luigi Di Maio. «Dovrà rendere conto al Movimento di alcuni passaggi», afferma Ricciardi, il quale ribadisce che «c'è una piccola minoranza con i quali dovremo chiarire alcuni passaggi». Se «ci sono gruppi che ritengono di fare politica dentro i palazzi, questo non rappresenta il vero M5S», afferma il vicepresidente. Secondo Ricciardi «il Movimento è uno e Conte ha una legittimazione forte degli iscritti». Riguardo all’esito delle votazioni, il cinquestelle si dice soddisfatto. «Il nostro obiettivo era garantire la stabilità di governo». «Mattarella è sempre stato sul tavolo e abbiamo contribuito a farlo crescere di voto in voto con una chiara regia», sostiene Ricciardi.

 

 

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