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Braccio di ferro nel M5S tra "governisti" e "contiani". Assemblea rinviata

Il braccio di ferro fra "governisti e contiani" nel Movimento 5 Stelle va avanti e potrebbe portare, da qui a qualche ora, a uno strappo potenzialmente fatale per il partito di Giuseppe Conte. Stando a quanto riferiscono fonti parlamentari del Movimento, nel caso in cui la linea scelta fosse quella dello strappo definitivo con il governo Draghi, una trentina di parlamentari sarebbe pronta a votare comunque la fiducia mercoledì. L’assemblea del Movimento 5 Stelle è stata sospesa ed aggiornata, da remoto, prima alle ore 18 poi è stata rinviata alle 20. Infine,  il nuovo slittamento nei lavori dell’Assemblea congiunta dei parlamentari del M5s con Giuseppe Conte. A quanto si apprende, la ripresa della riunione è stata rinviata a domani pomeriggio.

Finora larga maggioranza su linea Conte

Finora, a quanto si apprende, nell’assemblea congiunta dei parlamentari del M5s si sono limitati a una quindicina, su oltre sessanta interventi, quelli in dissenso con la linea del Movimento annunciata ieri dal leader Giuseppe Conti. «Pochi», ammette un deputato che fa parte dell’ala governista del partito, quella secondo cui sarebbe opportuno votare la fiducia al premier Mario Draghi se si sottoponesse a una verifica in Parlamento. In attesa della ripresa dei lavori alle 18, secondo fonti che hanno partecipato all’assemblea, finora la larga maggioranza degli eletti intervenuti si è espressa a favore della linea di Conte. Sono stati tanti gli interventi a sostegno del presidente del Movimento 5 Stelle, ma esponenti di peso continuano a richiamare alla responsabilità. E’ il caso del ministro per i Rapporti con il Parlamento Federico D’Incà che, nel suo intervento in assemblea, ha chiesto una tregua tra Conte e Draghi, per non mettere in difficoltà l’esecuzione delle riforme collegate al Pnrr e i progetti collegati. Questo «per il bene del Paese». Il ministro, inoltre, ha fatto riferimento alle difficoltà che ci sarebbero nel campo progressista in caso di voto anticipato. Fra chi l’ha criticata, oltre al ministro Federico D’Incà, a quanto si apprende ci sono Federica Dieni, Giulia Grillo, Luca Sut, Azzurra Cancelleri, Rosalba Cimino, Vita Martinciglio, Soave Alemanno, Diego De Lorenzis, Niccolò Invidia, Elisabetta Maria Barbuto, Elisa Tripodi, Gabriele Lorenzoni e Celeste D’Arrando. Dal tenore di altri interventi emerge anche che c'è una parte di indecisi. Se effettivamente si dovesse arrivare a una votazione sulla fiducia al governo, i parlamentari che dovessero seguire una linea diversa da quella del Movimento sono destinati a esserne esclusi.

Il Pd prova la mediazione

A dare manforte ai governisti Cinque Stelle è il Partito Democratico che continua a lavorare pancia a terra per una soluzione non traumatica della crisi. Le interlocuzioni, si apprende, sono continue fra il partito di Letta e quello di Conte. «Il M5s ha inclinato il piano», spiega una fonte parlamentare dem, «e quando la palla comincia a rotolare in basso è facile che diventi una valanga», viene osservato. Una valanga che può far comodo a Salvini, viene osservato: «Con la sua scelta, Conte lo ha sdoganato. Ora Salvini può attaccare a testa bassa, avrebbe voluto strappare anche prima di Conte, ma non voleva rimanere con il cerino in mano. Ora la partita è difficile, ma stiamo cercando, come Pd, di fare emergere le voci dei responsabili al'interno del M5s. Il tema è costruire le giuste pressioni perchè Draghi non si sfili e possa andare avanti». Altro tema da considerare è, tuttavia, la volontà del premier ad andare avanti, viste queste premesse. «Senza i Cinque Stelle è difficile», ragiona una fonte parlamentare Pd: «Più che altro perchè il governo si sbilancerebbe troppo sul centrodestra e Draghi vorrebbe, invece, un esecutivo più equilibrato, per non essere connotato politicamente. Certo», è la speranza alla quale si appella il parlamentare, «essere scalzato da Giuseppe Conte e lasciare il lavoro incompiuto, per lui che ha un altissimo profilo internazionale, sarebbe un epilogo difficile da digerire». Che ci si trovi di fronte a un sentiero stretto lo sottolinea anche il senatore Alessandro Alfieri. «Si tratta di un sentiero stretto che, però, va percorso viste le sfide che si trova davanti il Paese. Per questa ragione, il coordinatore di Base Riformista sottolinea che «bisogna insistere per mettere in campo tutte le iniziative che permettano al governo di affrontare le sfide che abbiamo davanti».

Oltre al necessario lavoro sul Pnrr, «c'è il Covid, che mostra una fase di forte recrudescenza. C'è la guerra nel cuore dell’Europa, con le conseguenze economiche e sociali che vediamo, e c'è il caro vita che sta mettendo in gravi difficoltà le famiglie». In questo contesto, sottolinea ancora il coordinatore di Base Riformista, «spero che i 5 stelle si rendano conto fino in fondo della criticità del momento, ascoltando le voci che dal loro interno invitano a ragionare sui temi dell’agenda sociale» sui quali ha aperto anche il presidente del consiglio, Mario Draghi. «Dobbiamo mettere in campo tutte le azioni che consentano di ritrovare le ragioni di un sostegno comune al governo Draghi». Per tutte queste ragioni, Alfieri si appella «alla responsabilità di tutte le forze politiche, mettendo da parte polemiche come quelle di Matteo Salvini, che non servono».

Salvini e Meloni chiedono il ritorno alle urne

Il leader della Lega, infatti, sembra aver imboccato ormai la strada che porta al voto, disfacendo a colpi di comunicati e tweet la tela che il Partito democratico cerca faticosamente di tessere per «cercare di far intravedere al presidente del consiglio le condizioni di agibilità politica per andare avanti con il governo», come spiegano dal Nazareno. «Non se ne può più del teatrino di Conte, Letta, Di Maio», alza il muro Salvini. «Cinque Stelle e Partito Democratico da tempo bloccano l’Italia coi loro litigi e le loro pretese, con crisi, richieste di poltrone, Ius Soli, droga libera o Ddl Zan, non di tasse e di lavoro: gli Italiani non ne possono più, basta. Conto che siano gli italiani presto a scegliere parlamentari più seri, onesti e perbene». Con il leader del Carroccio, a chiedere un rapido ritorno alle urne è Giorgia Meloni per la quale l’eventualità del quarto governo in quattro anni senza passare dalle urne rappresenta una «vergogna». Spiega Meloni: «Negli ultimi anni, nonostante la fase delicata, molte nazioni in Europa e nel mondo sono andate tranquillamente al voto. Perchè in Italia si fa di tutto pur di impedire le elezioni? Lo trovo assurdo».

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