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Forza Italia, un partito sotto assedio. Aspettando le prossime mosse di Silvio Berlusconi

C'è chi la definisce una tensione sana e chi una tensione e basta. Di certo i primi giorni della nuova legislatura hanno aumentato il livello di fibrillazione in Forza Italia.

Come sempre, tutti all'interno del partito aspettano le prossime mosse di Silvio Berlusconi, chi auspicando che non arretri nella delicata trattativa con Giorgia Meloni, chi sperando che si possano trovare strategie più concilianti per far partire il nuovo governo. La situazione provoca preoccupazioni anche nella famiglia del Cavaliere, e non è casuale che in questo momento sia tornato in campo Gianni Letta. Per certi versi, può apparire semplicistico fare la distinzione fra due anime: una schierata con Licia Ronzulli, in cui predomina l'irritazione per i veti messi da FdI sul suo nome nell'esecutivo, ma non solo quelli; e una più governista guidata da Antonio Tajani, in predicato di diventare il prossimo ministro degli Esteri.

Secondo più parlamentari azzurri, tuttavia, questo confronto tra due visioni definisce lo stato delle cose, in un clima, nota qualcuno, da "si salvi chi può", in cui circolano anche i timori su tentativi di prosciugare Forza Italia da più parti. Timori non solo legati alla notizia - emersa dopo un incontro fra Lorenzo Cesa, Antonio De Poli e Francesco Lollobrigida, uno dei fedelissimi di Giorgia Meloni - che i centristi di Noi moderati stanno lavorando per formare i gruppi alla Camera e al Senato, ottenendo le necessarie deroghe in mancanza dei numeri minimi. Una dinamica normale, assicurano i centristi, ma la tempistica lascia dentro FI il sospetto che sia stata pensata anche nell'ottica di una sorta di 'operazione responsabili'.

Una prova degli equilibri interni al partito di Berlusconi si potrebbe avere all'inizio della prossima settimana quando dovranno essere indicati i capogruppo, tema al centro di riunioni dei gruppi che si terranno fra lunedì e martedì. Al Senato al momento si parla di tre possibili soluzioni per il ruolo ricoperto nell'ultima legislatura da Anna Maria Bernini, papabile per il ministero dell'Università. C'è Ronzulli. Poi Maurizio Gasparri, che altrimenti potrebbe entrare nella contesa per i vicepresidenti di Palazzo Madama. E infine Gianfranco Miccichè, considerato uno dei registi del mancato voto a Ignazio La Russa. Paolo Barelli, fra i deputati più vicini a Tajani, è in corsa per la riconferma come capogruppo della Camera, anche se si parla di due alternative come Giorgio Mulè e Alessandro Cattaneo, invece ritenuti filo-Ronzulli. Tutte partite interne, inevitabilmente intrecciate alla trattativa con Fratelli d'Italia.

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