Il suo «sesso ibuprofene», tra l’Arnica di Gio Evan e La Farmacia di Gazzè, è già tra i cult medicali del prossimo Sanremo. Cosa significhi esattamente non importa, «le canzoni non si spiegano, nessuno fermi la libera interpretazione». Sicuro Antonio, in arte semplicemente Aiello (un cosentino orgoglioso, trapiantato a Roma, che ama Milano), sul palco dell’Ariston porterà il suo pezzo «strunz, di core e forte».
«Questa canzone ti è costata»
Quando l’ha fatta sentire a suo cugino (al Sud si sa, la critica familiare è un premio che si vuol conquistare), lui, che lo conosce, così ha commentato. S’intitola “Ora” ed è un misto tra pop, classic e urban. L’ha scritta che c’era la solitudine del primo lockdown e no, non si pensava certo al Festival. «Come tutti ero solo e ho riflettuto. Ho realizzato che avevo colpe e che lo stronzo ero io. Dirselo non è mai facile. Io me lo sono urlato. E, mentre parlavo di me, ho parlato di sesso. Un sesso speciale, liberatorio, tossico, curativo, sedativo». Un brano vestito di tutto punto, verace nei suoni e ampio negli abbracci (in attesa che tornino stretti). Per presentarsi su un palco che quest’anno Amadeus ha allargato ad «un cast molto cool, contemporaneo».
«Sanremo mi sta per accadere»
Dicono sia pesante, fuori dal tempo, ma poi tutti lì a guardarlo (magari senza confessarlo). Aiello fino a qualche mese fa neppure ci pensava. «Sono sempre stato fan, ma non l’ho mai visto come una tappa obbligatoria. Poi siamo stati tutti vittime di un momento storico duro e ed è evidente che Sanremo, il più grande evento culturale italiano, sia diventato l’unico miraggio live di un orizzonte desolato». Tanto poi succede sempre, che al di là del (pre)giudizio si ceda all’emozione. «Ho un problema con l’orchestra. La stima dei musicisti mi uccide, mi sale alla gola, mi fa piangere. Suonare con 50 elementi è un privilegio, il regalo più grande. L’altro sarebbe allargare il mio pubblico, motivo per cui sarò lì. Il terzo me lo potrebbe fare la vita, facendoci tornare a cantare dal vivo». Intanto c’è che «siamo mascherati tutto il giorno, isolati il più possibile. Zero amici, zero famiglia, zero sesso, zero pranzi insieme. La tensione del Covid che si accavalla a quella dell’esibizione: se non fosse per quella fiamma che mi tiene acceso, non avrei retto».
«Meridionale. Perché la Calabria è la terra che mi ha dato la voce»
L’idea è quella di resistere per farsi conoscere al “grande pubblico”, quello trasversale del piccolo schermo. Di dire che sì, ora è il momento di parlare di “Ora”, ma poco più in là, già pronto per uscire (fuori il 12 marzo), c’è un intero disco di contaminazioni, consolazioni, riflessioni, intimità. «Lacrime, schiaffi, scosse, salti, sudore». Lo ha chiamato “Meridionale” perché sarà un album com’è lui. Con dentro la Calabria, «spigolosa e aspra, piena di sapori forti e accoglienza, bella e generosa come il mare che la circonda. La terra dei greci, degli arabi, dei bizantini, dei normanni, di comunità balcaniche». Con la sua luce forte tra le sue ombre fitte. Il suo secondo lavoro in studio (dopo “Ex Voto”, «per confermare che il primo non è stato un abbaglio») è pop mescolato all’ R&B, clubbing berlinese, flamenco, musica andalusa, greca, sonorità street, persino il classico. Dieci tracce, tra cui i singoli “Vienimi (a ballare)” già certificato oro, “Che canzone siamo” e “Ora”, prodotte da Brail, Mace e Alessandro Forte. E una chicca: si chiama Sum, è una giovane e stra talentuosa interprete della scena R&B partenopea. Una foto della femminilità di Napoli, una magia scura e carnale, incarnata nella Calabria più sensuale.
«Il più piccolo tra i Big»
Una decina d’anni fa è stato scartato tra le Nuove Proposte («non serbo rancore per quel rifiuto, ma non fingo sia stato facile digerire quel no. Onestamente, oggi me lo merito di più»). Per i colleghi siciliani Colapesce e Dimartino vincerà la Critica («li ringrazio per avermi dato il premio qualità»), ma a lui basterebbe arrivare «come Vasco Rossi, che poi ha avuto una classifica pazzesca. Dire che la gara non mi interessa è una minchiata. Sarei felice se vincessi, ma se arrivo ultimo e poi riempio gli stadi… va benissimo così».
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