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Pantani, un semidio sui pedali: 17 anni fa la strana morte del “pirata”, oggi il docudramma

Diciassette anni senza il “pirata”. Il giorno degli innamorati dovrebbe evocare solo dolci pensieri. No, non per gli appassionati del ciclismo, dello sport in generale,  sventola ancora una volta la bandana nera. In Romagna, così come in molti altri posti del mondo. Cesenatico non si dà pace, a distanza di molti anni dalla morte di Marco Pantani. Mamma Tonina ne ha fatto una ragione di vita, forse l'unica, dopo aver perso un figlio: conoscere e far conoscere la verità sul proprio ragazzo, ribaltando quella accertata. La versione definitiva di questa storia, della storia del suo Marco, non la convince. Non convince in tanti, in verità. Troppe incongruenze, troppe omissioni. Un autentico mistero che continua ad aleggiare. E non dà pace.

La vita di Marco Pantani diventa un docudramma

Il Caso Pantani è disponibile sulla piattaforma streaming Prime Video di casa Amazon. Il film – titolo completo Il Caso Pantani – L’Omicidio Di Un Campione – e da oggi (14 febbraio) sbarca sul servizio di cinema on demand.

Il regista Domenico Ciolfi ha ricostruito gli ultimi 5 anni di vita del Pirata, a partire dal maledetto 5 giugno 1999: Madonna di Campiglio e il giro strappato di mano a pochi passi dalla gloria quando a Madonna di Campiglio fu escluso dal Giro d’Italia per via di un valore troppo alto nell’ematocrito. La scelta stilistica è quella del docudrama, in cui il campione italiana compare nelle sue tre anime, una per ogni attore che veste i suoi panni.

Gli attori

Nel ruolo di Marco Pantani ci sarà Marco Palvetti ( Salvatore Conte di Gomorra), Brenno Placido e Fabrizio Rongione. Il titolo contiene un vocabolo inequivocabile: omicidio. Gli autori hanno scelto questa strada, la stessa percorsa, finora vanamente, da mamma Tonina. Ma tutto il mondo vuole vederci chiaro.

Dalla gloria alla polvere

Di polvere ne ha inghiottita tanta, sempre lui, il “pirata”, per arrivare in cima all'olimpo dello sport internazionale in sella alla sua amica fidata. Mai quanta, però, è stato costretto a deglutirne a fatica dopo esser stato sbattuto in prima pagina a poche ore dallo stop di Madonna di Campiglio. Un'accusa di doping che lo ha scaraventato sull'asfalto mediatico nel pieno della propria carriera: peggio di qualsiasi altro scivolone “sul lavoro” (e di cadute, rotture e infortuni gravi ne aveva accumulato parecchi). Era il 5 giugno del 1999 quando tutti i flash del Giro d'Italia brillavano sulla pelata di Pantani. Un giorno funesto per gli amanti del ciclismo. Per gli sportivi di tutto il mondo, in realtà. Da semidio sulle due ruote a indegno il passo è stato breve. Brevissimo. Nessuno, neanche quelli che il “pirata” considerava amici, ha risparmiato una mezza parola. Come spesso accade in questi casi: condannato dall'opinione pubblica ancor prima di poter professare e dimostrare la propria innocenza. Dura rialzarsi per il campione del Giro d'Italia e del Tour de France. L'accusa infamante, più che lo stop imposto dalla Giustizia sportiva, ha rappresentato il primo passo verso il baratro. Che arrivò, inesorabile, qualche anno dopo. In una triste stanza di hotel. E anche sulla sua morte aleggiano grandi misteri. È proprio la storia di Marco Pantani a essere un unico grande mistero.

Le parole di Zomegnan

Ancora più dolore, a distanza di tanto tempo, le recenti dichiarazioni dell'allora direttore unico del Giro d'Italia: «Nel 1999 quando Marco Pantani fu fermato a Madonna di Campiglio quasi tutti i primi dieci in classifica facevano uso di sostanze dopanti. In quegli anni gli atleti cercavano di migliorare in qualsiasi modo le loro prestazioni, non era vietato nulla ma semplicemente venivano governati. Quando Pantani fu fermato al Giro d’Italia a Madonna di Campiglio, anche i primi dieci in classifica facevano uso di sostanze dopanti per migliorare l’ossigenazione del sangue». Ma pagò daziò solo lui. Il più forte di tutti, che resse alle intemperie, alle cadute e agli infortuni. Ma non all'accusa di essere un dopato. Quella gli rovinò la vita per sempre.

 

 

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