“Colombia Monumental”. Titolano così più o meno tutti i quotidiani sportivi sudamericani, non solo quelli di Medellin, il 6 settembre del 1993. Perché il giorno precedente passerà alla storia un po' come il Maracanazo (dramma sportivo agli albori degli anni 50 per il Brasile di Pelé, che ritroveremo in altre vesti in questa storia...): perché la Colombia diventa monumental dopo aver preso a pallonate l'Argentina. In Argentina. Ecco perché l'unica variazione sul tema nei titoli dei giornali, sponda Albiceleste, è “Verguenza”. Come la vergogna provata da Batistuta (Maradona non c'è, ma sarà rimesso in piedi a tempo di record per i Mondiali del 1994, soprattutto alla luce di questa disfatta) e compagni per aver perso 5-0, in casa, contro la Colombia. Un successo che fa alzare un coro mediatico unico: i cafeteros sono i favoriti per la vittoria dei Mondiali statunitensi. Si rivelerà una sentenza... al contrario. A piazzare la bolla papale ci pensa proprio Pelè (rieccolo). «Cosa stiamo aspettando a premiarli? Negli Stati Uniti saranno loro a trionfare, per la prima volta nella storia». Definitivo. Ma al contrario, appunto.
La Colombia non vinse i Mondiali, uscendo malissimo già nei gironi di qualificazioni, e per alcuni tra i grandissimi protagonisti della manita in casa argentina iniziò un vero e proprio incantesimo. Ecco perché Freddy Rincon è solo l'ultimo dei cafeteros maledetti.
La morte del capitano Andres Escobar
Il capitano è quello che ci mette la faccia. O almeno così dovrebbe essere, nonostante il dramma della Costa Concordia abbia preso a picconate questo concetto. Ma di solito chi indossa quella fascia o quel berretto è il leader: tecnico, emotivo, spirituale. Ci mise la faccia ma anche molto di più, Andres Escobar, dopo quell'eliminazione causata da una sua autorete contro la Romania. Venne ucciso il 2 luglio del 1994, quando i Mondiali statunitensi erano ancora in corso. Narcotrafficanti e scommettitori colombiani non perdonarono l'errore costato l'eliminazione. Morì a sei mesi di distanza dall'altro Escobar, il re della droga.
Renè Higuita, lo scorpione e i legami borderline
Un altro personaggio tutto da raccontare è Renè Higuita, il riccioluto (la versione bruna del biondissimo numero 10 Carlos Valderrama, altro elemento di spicco di quella Colombia) con la faccia poco raccomandabile che sdoganò l'uso... dei piedi per i portieri. Amava parare con il gesto dello scorpione e segnava spesso e volentieri. Metafora di un personaggio molto chiacchierato. Lui, non prese parte a quel famigerato Mondiale a stelle e strisce a causa di una squalifica con tanto di... arresto. il motivo? Aveva indossato i panni del mediatore nelle trattative che portarono alla liberazione di una ragazza, finita in mano ai narcos. Il tutto senza passare dalla Polizia.
Tino Asprilla, el pulpo dalle lunghe leve
Il più grande talento (forse) della storia della Colombia. Un attaccante atipico che viaggiava a velocità doppia quando ancora il calcio preferiva un'andatura di crociera. Quando cioè Ronaldo non aveva ancora cambiato il ritmo dello sport più amato del mondo. Asprilla incantò (e vinse) anche in Italia, indossando la maglia del Parma. Un giocatore estroso, istintivo e totalmente fuori dai canoni di ragazzo modello. Un esempio su tutti per inquadrarlo: ai tempi in cui giocava con il Newcastle si presentò in ritardo clamoroso nel giorno della partita che le Magpies inglesi avrebbero dovuto affrontare il Barcellona in Coppa Campioni. Sembrava destinato alla tribuna ma il tecnico Dalglish, per una volta, venne meno ai suoi principi e, seppur col broncio, lo gettò nella mischia. Morale della favola? Il Newcastle vinse 3-2 grazie a una tripletta di Asprilla. Oggi è fisicamente quasi irriconoscibile e, tanto per non venire meno alla sua fama di grande amatore, è diventato testimonial di una linea di preservativi che porta il suo nome. Personaggio bizzarro, a dir poco.
Freddy Rincon, cuore Napoli
La storia si conclude proprio nel punto in cui era cominciata. Perché il più grande protagonista del pentasmacco del 1993 all'Argentina fu proprio Freddy Rincon, morto oggi in seguito a un incidente stradale, perché le prime due reti messe a segno contro l'Albiceleste portarono la sua firma. Un tuttocampista fortissimo: definizione semplice, forse banale, ma anche l'etichetta migliore per poterlo definire. Dal regista alla seconda punta, ha pestato praticamente tutte le zolle del campo. Anche lui come Asprilla ha infiammato una grande piazza italiana. E che piazza: Napoli. Una sola stagione trascorsa ai piedi del Vesuvio, sufficiente a rilanciarlo: 27 presenze condite da 7 gol. Non sono mancati anche i grattacapi con la Giustizia e nel 2015 l'Interpol lo ha indagato per riciclaggio di denaro sporco.
Il primo a rompere il ghiaccio nella notte di eterna gloria dei cafeteros monumentali, ma anche l'ultimo dei colombiani maledetti.
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