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X Factor 2021, una volta qui era tutto cover. I voti del secondo live. Westfalia eliminati

Ricordate cos’era X Factor fino a un paio d’anni fa, quando Manuel Agnelli poteva ancora permettersi di obiettare ad Anastasio che, di fatto, eseguiva un inedito ad ogni puntata riscrivendo le strofe delle cover e questo lo avvantaggiava rispetto agli altri concorrenti?

X Factor, si sono da poco spente le luci. Milano, Repower Arena, interno notte. Un Alessandro Cattelan circonfuso di luce prende per mano il piccolo Ludovico Tersilli e lo conduce ieratico verso il palco dove, dopo avergli messo un braccio sulla spalla mentre con l’altro indica i 1700 posti della platea, gli confida nostalgico: «Sai figlio mio, una volta qui era tutto cover». Già. Ricordate cos’era X Factor fino a un paio d’anni fa, quando Manuel Agnelli poteva ancora permettersi di obiettare ad Anastasio che, di fatto, eseguiva un inedito ad ogni puntata riscrivendo le strofe delle cover e questo lo avvantaggiava rispetto agli altri concorrenti? Ebbene sì, “ora, in quel tempo” X Factor era questo: un programma di cover, nel quale vedevi se un partecipante sapeva cantare, interpretare, muoversi sul palco e quindi era pronto per presentare un suo inedito, di solito poco prima della finale. La trasformazione – un segno dei tempi? probabile – è stata progressiva ma ugualmente ripida, e in quest’edizione già alle audizioni la stragrande maggioranza dei pezzi proposti era originale. È vero che, una volta fuori da X Factor, i ragazzi devono avere una loro produzione, ma anche i primi tre album degli Stones sono quasi esclusivamente di cover (il primo vero capolavoro scritto dalla coppia Jagger/Richards, Satisfaction, è nel quarto, Out of our heads), quindi non mi pare che ci fosse nulla di male; ed è quello che deve aver pensato anche la produzione, tanto da dedicare alle cover una puntata a tema – esattamente come prima faceva... con gli inediti – che fortunatamente ci ha parecchio chiarito le idee sui concorrenti in gara.

A fare le Endrigo comincia tu

Per esempio su Le Endrigo, vittime di una discutibile assegnazione di Emma (A far l’amore comincia tu di Raffaella Carrà) e destinati sin dalle prove a schiantarsi banalizzando un pezzo sospeso tra intenzione pop e messaggio ‘femminista’. La loro versione non è neanche male, ma l’approccio punk venato di rock’n’roll è già sentito – mi pare che glielo faccia notare proprio Manuel Agnelli – e complessivamente li riporta nell’alveo del “machecifannoqui?” (cosa che i Riva continuano a chiedersi dal giorno dell’Home Visit) dal quale un inedito riuscito come Cose più grandi di te sembrava poterli ripescare prima che annegassero. Passano, ma non vi affezionate troppo. Voto 5,5.

Sembrano invece in grado di fare parecchia strada i due concorrenti successivi, Baltimora (voto 7,5) e Fellow (voto 8) le cui esibizioni presentano più di un’analogia nonostante la diversità delle assegnazioni. Parole di burro di Carmen Consoli – della cui esistenza Hell Raton dev’essersi improvvisamente accorto la scorsa settimana quando è stata ospite del primo live ­– viene totalmente spogliata della sua veste ingenua e un po’ incantata, sicuramente attualizzata da una produzione ben fatta e infine trasportata nel campo semantico della rabbia e della disperazione dal vocione educato di Edoardo: molto meglio di una riproposizione stanca e acritica. Sign of the times di Harry Styles è invece già di suo un bel polpettone solenne (nel video l’ex One Direction a un certo punto vola, per chi l’avesse dimenticato), con una melodia solida e un imponente wall of sound dietro, e il giovanissimo talentino di Mika padroneggia la materia con quel timbro unico che gli è toccato in sorte.

La seconda band vittima dell’assegnazione – o meglio, della voglia di strafare del suo giudice – sono i Mutonia (voto 5,5), che Agnelli prova a ‘suicidare’ con Closer dei Nine Inch Nails: brano troppo forte, troppo crudo, troppo outside per XFactor e che, benché tutto sommato ben eseguito, non riesce a far subentrare il piacere al fastidio. Sembrano subito a rischio, ma per loro fortuna sono nella stessa manche con i Westfalia (voto 4), mortificati dall’ineffabile Mika con un’assegnazione (Hey Ya degli Outkast) che nulla ha a che vedere con le loro qualità. Tutti i giudici si sbrodolano a dire che sono i migliori musicisti del lotto ed è palesemente vero, ma dalle audizioni in poi non hanno mai convinto e anzi, a dirla tutta, fossi stato in Mika avrei piuttosto portato al live i Mombao, sì, i due tizi scalzi e dipinti che sono stati mollati dal loro giudice quando hanno mostrato di avere, come lui aveva chiesto, anche sfumature diverse dal tribale (con una delicata e sorprendente versione de La cura di Battiato). Prima dei Westfalia si esibisce Vale LP, e di esibizione si deve parlare a ragion veduta visto che, tra assegnazione (Dove sta Zazà di Gabriella Ferri), abito fucsia catarifrangente e scenografia circense, per un attimo sembra di stare al Salone Margherita a guardare una rivista. La giovane casertana si sbatte, interpreta con l’urgenza dei suoi 21 anni, arranca un po’ col fiato ma alla fine la porta a casa, ed era tutt’altro che semplice (voto 7).

 

Jenny è pazza, ma neanche Emma scherza

Prima della seconda manche, l’ospite della settimana è tal Chiello che, confesso, non conoscevo se non come soprannome di Giorgio Chiellini. Ho googlato un po’ e ho scoperto che c’è un motivo: il suo primo disco, Oceano Paradiso, è uscito due settimane fa. E ovviamente sta spaccando tra i giovanissimi. I pezzi che propone sul palco di XFactor, in tutta onestà, non sono neanche male; ma non deve essere un caso se proprio questo momento viene scelto per far annunciare al dottor Tersilli che il 25 novembre su quel palco ci sarà Ed Sheeran. Ripartiamo con grandi aspettative, certo non risposte in Erio sul quale continuo a non condividere tutta questa eccitazione dei quattro giudici. Però leggo sui social che il personaggio è amatissimo, e allora mi sono dovuto mettere in discussione e chiedere perché non mi arriva. Sarà il look androgino che disturba il conservatore che è in me, o la voce sopracuta che ha convinto Manuel Agnelli ad assegnargli un brano originariamente cantato da una voce femminile anche se più noto nella cover di James Blake come Limit to your love? Beh, niente di tutto questo. Alla fine ci sono arrivato: bravo è bravo, il timbro è effettivamente particolare, ma il tutto mi sembra irrimediabilmente finto. Voto 6.

Ah, la puntata di cover mi ha finalmente aiutato a distinguere i Mutonia dai Karakaz: i primi sono di Agnelli, i secondi di Hell Raton. La differenza è tutta qui, nelle assegnazioni (lì un brano difficile e urticante, qui il ruffianissimo Justin Timberlake di Sexy back riarrangiato in versione punk-rock), per un risultato che ancora una volta non convince in entrambi i casi. Voto 5,5. La notizia della serata è però che Nika Paris non canta solo in francese, ma anche in inglese, e tutto sommato benino: Come di Jain non è certo un capolavoro ma è un vestito su misura per questa sedicenne bulgara che sguazza nel pop con agio ma senza mai dare l’impressione di andare troppo oltre il livello ‘karaoke ben fatto’, quello con cui alla fine vinci la bottiglia messa in palio dal locale. Voto 6.

Preferisco di gran lunga il rischio, a prima vista folle, corso da Emma nell’assegnare Jenny è pazza di Vasco Rossi a gIANMARIA: intanto perché fargli cantare un pezzo che parla di depressione, dopo un inedito che s’intitola I suicidi, fa venir voglia di lasciarsi andare a rituali apotropaici poco eleganti, e poi perché la responsabilità di portare Vasco su quel palco ha già schiacciato concorrenti più adulti e apparentemente più solidi di lui. Invece il ragazzo padovano supera le paure che lo avevano accompagnato durante la settimana e mette insieme probabilmente la migliore esibizione della puntata: voto 8. In chiusura tocca a due concorrenti che non mettono d’accordo i giudici se non sul fatto di non convincere, e invece hanno uno stile e una personalità già ben definiti. In particolare i Bengala tornano, guidati da Manuel Agnelli, sui passi mossi dal loro genere musicale negli ultimi cinquant’anni ripescando un eccellente brano dei Jam, Town called Malice, attualizzandolo (ma neanche troppo, non è che ne avesse tutto questo bisogno) e sorprendendo con la spiccata somiglianza della voce del cantante con quella di Paul Weller. Voto 7,5. Anche Versailles ripesca un brano di una ventina d’anni orsono, Fantasma dei Linea 77 che, a quanto abbiamo capito, Hell Raton cantava a rotazione nella sua cameretta; cosa che ci interessa relativamente rispetto all’approccio di Versailles a un brano cantato a due voci (i Linea 77 avevano infatti stabilmente due cantanti, anzi agli inizi addirittura tre) ma reso ugualmente potente e intenso. Ovviamente il pubblico non capisce e lo manda al ballottaggio, dove verrà provvidenzialmente salvato dai giudici. Voto 7,5.

 

Bloody Mary? No, è mejo er vino de li Castelli

Mika (voto 5) perde subito il primo concorrente della sua squadra (eliminati i Westfalia), e magari sarà un déja-vu ma sono sicuro che non sia la prima volta; scelte discutibili sia nelle assegnazioni che nella formazione della squadra stessa sembrano anche quest’anno una zavorra per le ambizioni di vittoria del signor Grace Kelly. Se non ci fosse questa enorme trave, mi starebbero anche bene i giudizi tranchant che dispensa su questa o quella pagliuzza degli altri concorrenti. Cosa che, per esempio, ha smesso di fare Manuel Agnelli (voto 6,5), il quale però ha il merito di mantenere la discussione sempre sull’argomento musicale, senza troppe concessioni a vino dei Castelli (per ricordare un altro pezzo famoso di Gabriella Ferri) e ricette del Bloody Mary. La gaffe dell’ultimo scontro, quando sbaglia il nome del concorrente che vuole eliminare, gliela perdoniamo perché si è capito che avrebbe volentieri fatto fuori entrambi. Carrà a parte, con le assegnazioni se la cava piuttosto bene Emma, che però al tavolo sta diventando una presenza noiosa e banale, a un passo dalle vette di fastidio delle varie Levante e Arisa (voto 5). Banalotte, al contrario, le scelte di Hell Raton che invece al tavolo un po’ di riscatta, pur senza brillare (voto 6). Infine, prova d’appello non proprio brillantemente superata per il prof. dott. Ludovico Tersilli primario di Villa Celeste (voto 5), che oltre a propinarci ancora il suo romanesco d’accatto continua a sbagliare tempi e interventi come il miglior Mexès, vista la sua fede giallorossa.

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