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L’Italia in forte ritardo nella spesa dei fondi Ue

Bruxelles, 14 APR - Nella corsa contro il tempo per assorbire le risorse che potrebbero rilanciare il Paese, non è solo il Pnrr ad essere al centro dell'attenzione. L'Italia arranca anche nella spesa dei fondi strutturali della politica di coesione Ue e si ritrova in penultima posizione nella classifica europea. Peggio di noi solo la Spagna, che si è fermata a quota 57%, contro una media europea del 76%. È quanto emerge dall'analisi dei dati pubblicati sul portale Cohesion Data della Commissione europea, che coprono l'andamento delle allocazioni della programmazione 2014-2020.

Un quadro non troppo lusinghiero - ma non insolito - per il Belpaese che comunque, anche in passato, è riuscito a limitare i danni grazie a un rush finale molto importante. La sfida è quella di spendere e rendicontare tutte le risorse ancora disponibili - oltre un terzo del totale - entro la fine dell'anno. I ritardi non vengono nascosti dal Governo italiano che nella relazione sullo stato di attuazione allegata al Def ed elaborata dal ministro per gli Affari europei Raffaele Fitto, evidenzia che per evitare il disimpegno delle risorse dei fondi europei del periodo di programmazione 2014-20 "sarebbe necessario spendere, in meno di un anno, un volume di risorse quasi pari a quanto rendicontato complessivamente dal 2015 ad oggi".

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"L'Italia non riesce a spendere in maniera né soddisfacente né efficiente i fondi di coesione dell'Unione Europea. È per questo che è più che mai necessario e urgente intervenire in maniera strutturale per cambiare il sistema con cui i fondi vengono utilizzati. È questa una sfida fondamentale per il nostro Paese," spiega Fitto. In dettaglio, il nostro Paese, alla fine di dicembre 2022, ha speso solo il 62% delle somma totale di tutte le risorse provenienti in particolare da Fondo Europeo per lo Sviluppo Regionale (Fesr), Fondo Sociale Europeo (Fse) e il relativo cofinanziamento nazionale. Si tratta, nel complesso, di circa 64,9 miliardi di euro. Una cifra che comprende anche l'integrazione, arrivata in seguito alla crisi del Covid-19, di oltre 14 miliardi di euro provenienti dal React-Eu, uno stanziamento che per molti è in questo frangente il principale responsabile dei ritardi accumulati.

Secondo l'ultimo aggiornamento fornito dell'Agenzia della Coesione territoriale, infatti, tutti i programmi operativi cofinanziati dal Fesr e dal Fse del ciclo 2014-2020 hanno presentato al 31 dicembre 2022 la certificazione delle spese sostenute con la relativa domanda di rimborso alla Commissione europea e hanno superato il target di spesa del 2022. Ciò nonostante, l'allarme sull'assorbimento delle risorse resta. Quelle né spese né rendicontate entro il 31 dicembre 2023 rischiano infatti di essere disimpegnate, cioè perse. Anche perché ad aggiungere pressione alla pubblica amministrazione e agli enti regionali e territoriali ci saranno, oltre alle risorse 2014-2020, non solo quelle del Pnrr ma anche quelle della programmazione 2021-2027, che vale 75 miliardi di euro, di cui circa 43 miliardi a carico del bilancio europeo.

L'ammontare delle risorse messe a disposizione da Bruxelles, abbinato alla difficoltà di Roma di assorbirle, è ciò che ha spinto il governo a chiedere all'Ue una maggiore flessibilità, sia per quanto riguarda la creazione dei 'vasi comunicanti' tra Pnrr e Coesione - come auspicato dal ministro per Affari europei, Raffaele Fitto - sia per quanto riguarda la riprogrammazione di parte dei fondi del ciclo in chiusura, che la Commissione ha autorizzato con il pacchetto SAFE, nell'ambito di REPowerEU, sempre sottolineando l'importanza del rispetto degli obiettivi della Coesione.

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