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Affare Ghosn - Renault, un'uscita dorata nonostante tutto

L'uscita di scena definitiva di Carlos Ghosn anche da Renault, di cui era presidente e amministratore delegato, apre un nuovo scenario sul futuro non solo della Casa della Losanga ma anche di Nissan e dell'Alleanza che le due grandi aziende hanno creato nel 1999 e che nel 2017 ha inglobato anche Mitsubishi. Una nota ufficiale di Renault enfatizza il percorso che è stato compiuto dall'Alleanza per diventare uno dei principali produttori di automobili del mondo ma non l'azione del suo ex leader.
Nell'uscire da un Gruppo che ha letteralmente 'rivoltato' - portandolo dal rosso profondo a utili rilevanti e soprattutto ad una massa critica che permette all'Alleanza di competere con Toyota e Volkswagen per il podio - Ghosn non avrà dunque un esplicito tributo per il lavoro svolto. Siamo lontani dal comunicato del 20 novembre 2018 (il giorno dopo l'arresto a Tokyo) quando il consiglio di amministrazione di Renault aveva mantenuto un atteggiamento di fiducia: ''Il signor Ghosn, temporaneamente impedito - era stato comunicato - rimane presidente e amministratore delegato''.
Resta comunque per Ghosn la certezza di una cospicua buonuscita dalla Casa della Losanga. Come riporta il sito francese Autoactu.com, nel 2015 l'azienda e Ghosn avevano firmato un accordo di cosiddetta 'non concorrenza' che attribuiva in ogni caso e ''per qualsiasi motivo dovesse lasciare la Renault'' il doppio del salario e delle retribuzioni variabili, che secondo alcuni calcoli sommari dovrebbero portare nelle tasche dell'ex presidente e CEO qualcosa con 5 milioni di euro. Ma secondo i sindacati CGT della Renault, la cifra sarebbe molto in difetto rispetto a quello che Ghosn avrebbe ottenuto per dare le dimissioni: circa 25 milioni di euro.
Inoltre dal prossimo marzo, data del suo pensionamento, l'ex CEO dovrebbe ricevere da due diversi piani sottoscritti con Renault qualcosa come 779mila euro all'anno. Ed è noto - ribadisce Autoactu - che la pensione non è compromessa da quale tipo di uscita abbia concluso in rapporto tra il salariato e il datore di lavoro. Per il 2017 il compenso che era stato deciso dall'assemblea degli azionisti toccava i 7,4 milioni di euro, e per conoscere quello del 2018 - che sarà certamente ridotta in proporzione al periodo di forzata inattività (in quanto in prigione) si dovrà attendere la riunione di quest'anno, fissata in aprile.
Non è nemmeno chiusa la questione delle retribuzioni che sono dovute a Ghosn, in quanto presidente, da parte di Nissan - che voterà la sua uscita dal board all'assemblea degli azionisti in programma a metà aprile - e da parte di Mitsubishi. Sulle somme dovute dal costruttore nipponico potrebbe però pendere la spada (da samurai) di un possibile pignoramento per rimborsare le somme che vengono definite dalla magistratura giapponese alla stregua di appropriazioni indebite.
Intanto il suo successore alla presidenza di Renault, Jean-Dominique Senard - nominato ieri a capo della Losanga ma che continuerà a presiedere la Michelin il prossimo 17 maggio, quando l'assemblea generale ne approverà l'uscita - ha già fatto sapere di ''non volere ricevere un doppio stipendio nel periodo in cui avrà entrambe le cariche''.

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