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Sanremo, Zalone, il maschilismo di Amadeus e la "favola lgbtq"

L’ironia sulla commozione che sembra coinvolgere tutti sul palco dell’Ariston, Amadeus messo alla berlina per il maschilismo, la rilettura della favola di Cenerentola in chiave lgbtq: Checco Zalone porta la sua irriverenza sul palco dell’Ariston.

Prima finge commozione, «mi sento un Maneskin», riferendosi alle lacrime di Damiano ieri sera, poi spiega: «Vengo da un piccolo paese, da Capurzo. Mi merito tutto questo? Poi vedo te e dico 'sì, me lo merito'. Grazie, perché ci fai sentire tutti geni. Pensavo che Amadeus fosse incapace, invece c'ha ritmo, anche nelle scelte delle canzoni, e poi ha avuto la bellissima idea di invitare Ornella Muti doppiata dalla De Filippi. Tra le conduttrici manca però una scema, l’italiano medio ci è rimasto male». «Un giorno - insiste il comico - Amadeus capirà che la donna può stare un passo in avanti, ma è un uomo di un’altra epoca, non possiamo condannare il suo maschilismo endemico, i tempi stanno cambiando, ma i pregiudizi non possono essere scrostati dal detersivo, possiamo però insegnare ai giovani che esiste l’amore universale».

E così, accompagnato da Amadeus, voce narrante al leggio, racconta la sua storia lgbtq ambientata in Calabria: protagonista è Oreste, trans brasiliano che viene invitato al ballo a corte. E’ colpo di fulmine con il principe, ma il re omofobo non vuole: peccato però che il sovrano sia un «cliente affezionato» di Oreste. «Stiamo facendo servizio pubblico», graffia Zalone. Rilegge Mia Martini con «Che ipocrisia nell’universo» e conclude con l’ennesimo doppio senso: «Se ci sono denunce, querele interrogazioni parlamentari, il foro di competenza è di Amadeus».

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