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Maignan, perché ripensarci? Cinque anni di Daspo al tifoso-urlatore. Occasione persa per scrivere la storia

Cinque anni di Daspo? Tutto qui. Sì, tutto qui. Il tifoso-urlatore che ha offeso pesantemente con epiteti razzisti il portiere del Milan, Mike Maignan, nel corso della partita di campionato a Udine ha avuto una sanzione a tempo. Tradotto, tra cinque anni potrà tornare allo stadio. Siamo in un Paese garantista, e ci mancherebbe altro, ma difficilmente si capisce il senso di una situazione del genere. Come si può consentire che un tifoso (eccessiva come definizione) abbia la possibilità di attraversare nuovamente i tornelli del tempio del calcio (non al Friuli, perché la società bianconera non glielo permetterà più), seppur tra qualche tempo? Già, lo stadio. Un luogo che per i tifosi veri (senza eufemismo) è un sacro, perché qui la passione prende forma regalando emozioni (positive e negative).

Quel segnale che (forse) non arriverà mai

La realtà è un'altra: la questione verrà dimenticata in fretta, come accaduto in passato, ma solo perché non è stata scritta la storia. Come? Maignan avrebbe davvero dovuto lasciarlo il campo. Definitivamente. Perché senza segnali forti e perentori, gli urlatori e gli ignoranti avranno sempre modo di agire. Sospendere una partita, certo. Definitivamente. Perché il calcio non può diventare - seppur indirettamente - il veicolo di messaggi così deprimenti e anacronistici. Fermarsi sarebbe una scelta saggia. La misura è colma. Cinque anni sono solo un piccolo contentino. Certa gente non dovrebbe mettere più piede in uno stadio. Certa gente non merita di condividere gli spalti di un tempio del calcio con gli appassionati veri.

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