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Sea Watch, il gip di Agrigento non convalida l'arresto di Carola Rackete: la "capitana" torna libera

Carola Rackete

Carola Rackete è libera. Ma non solo: con la manovra con cui ha violato il divieto di attracco al porto di Lampedusa impostole dalla guardia di finanza non ha commesso alcuna violenza nei confronti di una nave da guerra e non ha opposto resistenza ad un pubblico ufficiale.

Il Gip di Agrigento Alessandra Vella rigetta tutte le accuse nei confronti della capitana della Sea Watch 3, non convalidando l’arresto e non disponendo nei suoi confronti alcuna misura cautelare. «Pessimo segnale signor giudice, mi vergogno per i magistrati» reagisce furioso Matteo Salvini che poi ribadisce: «la ricca fuorilegge, la comandante criminale, la rispediamo in Germania».

Ma non potrà farlo perché la procura non ha dato il via libera. Secondo il Gip, dunque, Carola non andava arrestata. Per due motivi: perché la motovedetta della Gdf 'stretta' tra la nave e la banchina non può essere considerata nave da guerra; e perché entrando in porto in piena notte Carola non ha fatto resistenza ad un pubblico ufficiale ma ha agito in adempimento di un dovere, quello di portare in salvo i migranti.

Il giudice sembrerebbe anche aver riconosciuto quello «stato di necessità» invocato dalla comandante più volte prima di forzare il blocco che invece, per il procuratore di Agrigento Luigi Patronaggio non c'era poiché la nave «aveva ricevuto, nei giorni precedenti, assistenza medica ed era in continuo contatto con le autorità militari per ogni tipo di assistenza».

Inoltre, altri punti a favore di Carola ma anche di tutte le altre Ong che operano nel Mediterraneo, nel rigettare la richiesta della Procura la giudice afferma che il decreto sicurezza bis «non è applicabile alle azioni di salvataggio in quanto riferibile solo alle condotte degli scafisti» e che la scelta della comandante di puntare su Lampedusa non è stata strumentale ma «obbligata» in quanto né i porti tunisini né, soprattutto, quelli libici, possono ritenersi sicuri.

«La nostra Carola è libera! Non c'era motivo per lei di essere arrestata, dato che aveva solo fatto una campagna per i diritti umani nel Mediterraneo e si era assunta responsabilità laddove nessun governo europeo lo aveva fatta» twitta Sea Watch appena appresa la notizia mentre dal quartier generale di Berlino avevano già fatto sapere che, comunque sarebbe andata la vicenda giudiziaria, la Ong sarebbe tornata in mare con un’altra nave. «Proseguiremo le operazioni di soccorso».

La comandante potrà lasciare l’appartamento nella periferia della provincia di Agrigento dove era ai domiciliari appena le sarà notificato il provvedimento del giudice e sarà libera di andare dove vuole. Una possibilità che ha fatto andare su tutte le furie Matteo Salvini. «Per la magistratura italiana ignorare le leggi e speronare una motovedetta della guardia di finanza non sono motivi sufficienti per andare in galera, mi aspettavo pene più severe ma evidentemente mi sbagliavo» commenta  scatenando la sua rabbia contro giudici.

«Non ho parole. Cosa bisogna fare per finire in galera in Italia?» Ma il ministro è costretto a ingoiare anche un’altra delusione: non potrà, almeno per il momento, cacciare dall’Italia Carola. «Per la comandante criminale è pronto un provvedimento per rispedirla nel suo Paese perché pericolosa per la sicurezza nazionale, la ricca fuorilegge tornerà nella sua Germania» afferma il ministro annunciando che il prefetto ha firmato il provvedimento di allontanamento dal territorio nazionale con accompagnamento alla frontiera».

Ma non sarà così, almeno fino fino al 9 luglio, in quanto la procura, che ha fissato per quel giorno l'interrogatorio di Carola nell’ambito del filone d’indagine sul favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, non ha firmato l'autorizzazione e concesso il nulla osta. La sfida della Ong e di Carola ora è trovare una nuova nave entro breve, visto che la Sea Watch 3 è sotto sequestro a Licata. Per raggiunge davanti alla Libia Open Arms, Sea Eye e Mediterranea Saving Human, ripartita proprio oggi.

«Dovevamo partire e tornare in mare - dice la capomissione Alessandra Sciurba - E’ un lavoro fondamentale in un mare che è sempre più svuotato di testimoni per via di questa assurda guerra dei governi europei alle navi delle Ong». E lo scontro tra Salvini e le Ong ora rischia di spostarsi in Parlamento, dove all’ultimo è saltata l’audizione prevista per domani nelle Commissioni Affari Costituzionali e Giustizia della portavoce della Sea Watch Giorgia Linardi nell’ambito del dibattito in corso sul decreto sicurezza.

La decisione è stata presa dalla presidente della Commissione Giustizia, Francesca Businarolo (M5s) e Comunicata all’ufficio di presidenza delle commissioni congiunto dopo che la Lega aveva chiesto l'annullamento definendo «fuori luogo» e «inopportuna» la presenza alla Camera di un rappresentante di un’organizzazione il cui comandante è coinvolto in un procedimento penale.

Una decisione che non è affatto piaciuta alle opposizioni che hanno chiesto l’intervento del presidente Fico. «Le commissioni sono indipendenti» ha risposto il presidente della Camera che però una bordata a Salvini l’ha tirata. «Le decisioni della magistratura vanno sempre rispettate. Sia quando piacciono sia quando non piacciono».

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