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Colpo alla 'ndrangheta della Capitale, maxi sequestro da 120 milioni a Roma

Tra i beni sequestrati anche attività commerciali

Sono stati sequestrati beni per un valore di oltre 120 milioni di euro a esponenti della criminalità organizzata calabrese radicata a Roma sin dagli anni Ottanta. L’operazione, eseguita dalla Polizia di Stato (divisione anticrimine della Questura di Roma), è in corso dalle prime ore di questa mattina. Tra i nomi degli 'ndranghetisti ci sono Scriva, Morabito, Mollica, Velonà e Ligato.

Tra i beni sequestrati 173 immobili tra Roma, Rignano Flaminio, Morlupo, Campagnano Romano, Grottaferrata e altre province italiane. All’operazione stanno partecipando oltre 250 agenti della polizia. Oltre alla questura di Roma sono coinvolte altre 10 questure.

«E' una giornata importante. Quella eseguita oggi è la più grande operazione in tema patrimoniale mai eseguita dalla Polizia di Stato. Sono felice di avere qui accanto il presidente della Commissione Antimafia, Nicola Morra, che ci è stato sempre molto vicino. Con le nostre attività noi ci impegnamo per essere al servizio del nostro Paese e della nostra gente». Lo ha detto il Questore di Roma, Carmine Esposito, nel corso della conferenza stampa sui sequestri da oltre 120 milioni di euro nei confronti di esponenti di spicco della criminalità organizzata calabrese radicata a Roma e Provincia già dagli anni '80.

Ci sono anche una gioielleria, una Ferrari, e ben 40 aziende tra cui sette supermercati, uno di questi nel quartiere Salario nella Capitale, tra i beni coinvolti nel maxi sequestro da 120 milioni di euro effettuato questa mattina dai poliziotti della Divisione Anticrimine di Roma, diretta da Angela Altamura. Secondo gli investigatori sono riconducibili a cinque esponenti di vertice del gruppo laziale della 'ndrina Morabito - Mollica-Palamara-Scriva, tre dei quali condannati in via definitiva per associazione di tipo mafioso. Per chi indaga avrebbero replicato il modello della 'Ndrangheta a nord di Roma, impossessandosi di pezzi di economia quando imprenditori in difficoltà economiche si rivolgevano a loro per avere liquidità. Sono state accertate «pesanti infiltrazioni» in molti settori produttivi tramite prestanomi tra cui un nipote di Enrico Nicoletti, ritenuto il cassiere della «Banda della Magliana». Le indagini patrimoniali, durate circa 8 mesi, hanno ripercorso «la carriera criminale» e hanno analizzato le posizioni economico-patrimoniali evidenziando «una notevole sproporzione tra i beni posseduti, direttamente o attraverso prestanomi» e i redditi dichiarati o l’attività economica svolta, ritenendo che siano il frutto di attività illecite.

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