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Dallo Spazio senza dominatori l’abbraccio “necessario” che ha colorato di pace la guerra in Ucraina

Fra i 300 e i 2000 chilometri sopra di noi i satelliti spaziali registrano e rimandano le sconcertanti immagini del conflitto che trafigge il cuore dell’Europa. Scie di missili in volo, deflagrazioni, crateri. Impietose istantanee di devastazione e morte, lì dove c'era vita, viste da un luogo, anzi un non luogo, che sovverte tutte le regole. In cui appare non esserci nulla. O, almeno, nulla di ciò a cui siamo abituati. Un ambiente “abiotico”, ostile alla biologia umana in cui - senza ossigeno, gravità, risorse alimentari - si ridefinisce l'idea stessa di sopravvivenza. Eppure non è un luogo “vuoto”, ma scandito da contrasti assoluti, materia e antimateria, ghiaccio e fuoco, luce e oscurità, distanze incalcolabili e sfide estreme, scientifiche e concettuali.
L’assoluto, l’essenziale: nello Spazio non c’è spazio per il superfluo, come le guerre. Anche i contrasti coesistono mentre, come ha ricordato l’astronauta Luca Parmisano ricevendo nei giorni scorsi a Palermo la laurea honoris causa e la medaglia d’oro al valor civile, ogni asperità sembra microscopica, superabile. E mai come ora dallo spazio “sovraordinato”, di cui nessuno può rivendicare il dominio, arriva l'esatta metafora di ciò che vorremmo in questa infinitesima particella della Via Lattea. Dove assistiamo sgomenti ad una feroce conquista di cui si attende una "autonoma" estinzione - in maniera sempre più irrealistica - bomba dopo bomba, orrore dopo orrore, mentre si ripete l'irripetibile dopo novant’anni.
E invece da quel “non luogo” di libertà totale oltre l'azzurro sopra di noi arriva un’immagine simbolica, che alimenta la speranza di una svolta “superumana”, risolutiva. Giunge dalla stazione spaziale internazionale ISS, piccola cellula di vita tecnologica nel vuoto tra i corpi celesti dove, dal 1998, cooperano la statunitense NASA, la russa RKA, l'europea ESA, la giapponese JAXA e la canadese CSA-ASC. Inevitabile che il conflitto abbia - come sta avendo - ripercussioni anche sulle missioni spaziali. E si teme per il rientro dell’astronauta statunitense della ISS, che attende tra una settimana il “passaggio a casa” da una Soyuz russa.
Intanto, però, questo luogo simbolico di cooperazione scientifica - dove “di tutti” non è “di nessuno” - passerà alla storia per l’abbraccio corale tra i cosmonauti russi, in uniforme gialloblu, accolti calorosamente da colleghi americani e tedeschi in diretta su Nasa Live, in un videodocumento ormai consegnato all’eterna condivisione dell’altro spazio infinito, quello del web. Con buona pace dell’ineffabile censura russa, bypassata dalla democrazia digitale nonostante ogni frettoloso, superfluo, chiarimento dell'agenzia spaziale moscovita sulla involontarietà dell'uniforme scelta, perché “il giallo è solo giallo” e richiama semmai non la bandiera ucraina ma l’Università russa di riferimento. È stato invece uno straripante e inarrestabile big bang di comunione, con i colori della terra martire - ormai codice cromatico condiviso della solidarietà universale - mescolati irreparabilmente al verde mimetico, tra oblò “materni” che partoriscono esseri bisognosi di conforto, sorrisi che si parlano, mani che si aiutano e si stringono, corpi che galleggiano vicini, fondendo i colori della guerra con quelli della pace. Come si fonderebbe un cannone per farne aratri. No, in questo caso il giallo della divisa cosmonautica russa non è stato “solo giallo”. Ormai, non potrà mai più esserlo. È invece colore del Sole dal buio, calore che riscalda e incoraggia, annullando confini, bandiere e barriere. Colmando pietosamente crateri e accendendo la necessaria speranza di un nuovo arcobaleno. Tutto gialloblu.

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