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Mottarone, il verdetto della Cassazione: "Perocchio e Nerini erano consapevoli"

C'è una «mole di convergenti emergenze istruttorie che attestano, per un verso che Enrico Perocchio, pienamente consapevole al pari di Luigi Nerini, del problema manifestatosi e della necessità che, in assenza di un radicale intervento di manutenzione, l’impianto funzionasse con il freno di emergenza disinserito, ha espressamente avallato questo incauto modus operandi e per l’altro che i tragici fatti del 23 maggio 2021 hanno interessato una realtà aziendale che aveva già fatto i conti, in passato, con il conflitto tra le esigenze della sicurezza e quelle di natura economica».

Lo dice la Cassazione nel verdetto sul Mottarone. Per quanto ancora riguarda la decisione di apporre i "forchettoni" alle funi per evitare che la funivia si fermasse per l’automatico azionarsi dell’azione frenante, la Cassazione - nel verdetto cautelare 39091 depositato oggi, udienza del 15 aprile - sottolinea che «è conforme ai canoni di chiarezza e precisione» la costruzione «di una imputazione che si regge sul postulato secondo cui l’ing. Perocchio, trovandosi in posizione sovraordinata nella scala gerarchica aziendale e avendo il potere , quale direttore di esercizio, di fornire al personale dipendente indicazioni sugli adempimenti da espletare per garantire la sicurezza dei lavoratori, avrebbe istigato, per ragioni di convenienza economica (in attuazione, cioè, di una nitida strategia aziendale, nella cui cornice si iscrive anche l’omessa annotazione sui registri delle frequenti e reiterate defaillances nel funzionamento dell’impianto), Tadini - dipendente delle ferrovie del Mottarone con funzioni di capo servizio - a disattivare il sistema frenante d’emergenza e, precipuamente, a omettere la rimozione del ceppo nell’orario di apertura della funivia al pubblico». La Suprema Corte, dunque, dimostra - in questi passaggi del verdetto che conta di 26 pagine - di condividere la ricostruzione dei fatti realizzata dalla Procura di Verbania e i capi di imputazione a carico di Perocchio e Nerini per "rimozione od omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro e per omicidio colposo plurimo».

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