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L'Indonesia vive un incubo, oltre 1200 morti e sepolture di massa

Oltre 1200 morti, sepolture di massa per evitare malattie e l'inevitabile sensazione che alla fine le vittime si conteranno a migliaia. A due giorni dal terremoto di magnitudo 7.5 e dallo tsunami che hanno colpito la costa occidentale del centro dell'isola di Sulawesi, in Indonesia continua la corsa contro il tempo dei soccorritori, nella speranza di trovare ancora in vita persone sotto le macerie. È successo con almeno una ventina di superstiti, ma decine di chilometri di fascia costiera in direzione dell'epicentro non sono ancora stati raggiunti dalle squadre di soccorso.

Quasi tutte le vittime accertate - al momento, ha fatto sapere la Farnesina, non risultano italiani coinvolti - sono state trovate a Palu, la capitale provinciale sulla punta della baia più duramente colpita dall'onda di maremoto. Ma i mezzi dell'esercito sono riusciti a farsi strada solo in aree limitate verso nord, e le notizie che giungono dalla città di Donggala (300mila abitanti), a soli 27 chilometri dall'epicentro, rimangono frammentarie. Le immagini dall'alto diffuse da una tv locale hanno mostrato devastazioni massicce e terreni allagati.

È possibile che il bilancio nella zona sia ancora più grave rispetto a quello accertato finora a Palu. Le dimensioni della tragedia hanno portato anche il Papa oggi a guidare i fedeli in una preghiera per l'Indonesia. "Dio consola la popolazione colpita e sostiene gli sforzi di colore che sono al lavoro per portare aiuti", ha detto il pontefice. A Palu è arrivato anche il presidente indonesiano Joko Widodo, che ha visitato parte dei 17mila evacuati ospiti di rifugi improvvisati. "Dobbiamo fare molte cose presto, ma le condizioni non ce lo permettono", ha ammesso sconsolato il leader di Giakarta.

I soccorritori lavorano senza sosta. I crolli degli edifici più alti, come il principale hotel cittadino e il maggiore centro commerciale, hanno bloccato al loro interno centinaia di persone. Un altro centinaio di dispersi è stato segnalato in un complesso residenziale. Anche nei rari casi in cui ci si imbatte in persone ancora coscienti, estrarle vive è un compito delicato. Durante il tentativo di salvataggio di una ragazza di 15 anni intrappolata sotto il cemento della sua casa, accanto ai cadaveri della madre e di una nipote, i soccorritori erano preoccupati che potesse annegare per colpa di un tubo che perdeva acqua in quello spazio angusto.

Il rischio è che in città si crei una situazione di anarchia. Nelle scorse ore si segnalavano residenti che si servivano da soli alle pompe di benzina, e sciacalli che portavano a casa quel che potevano dal centro commerciale accasciatosi su se stesso, nonostante il pericolo di nuovi crolli anche a causa delle frequenti scosse di assestamento. Molte persone tornano alle loro case semi-distrutte per portare con sé il salvabile. A oltre 48 ore dal doppio disastro, mentre in città vengono lentamente ripristinate le forniture di acqua ed elettricità e molti feriti vengono curati in strada, il pericolo è che si sviluppino epidemie. Per questo i morti di Palu, la maggior parte dei quali non ancora identificati, saranno sepolti in massa. Un rimedio che rischia di diventare inevitabile anche nei prossimi giorni, man mano che le dimensioni della tragedia emergeranno con più chiarezza.

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