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Cesare Battisti in viaggio verso l'Italia, Salvini: "È un assassino, marcirà in galera"

Cesare Battisti a bordo dell'areo che lo riporterà in Italia nella tarda mattinata di oggi

E' in viaggio verso l'Italia il terrorista Cesare Battisti, partito dalla Bolivia per scontare l'ergastolo in Italia.

Gli uomini del Gom, il gruppo operativo mobile della polizia penitenziaria, d'intesa con le altre forze di polizia, sono pronti a prendere in consegna Battisti, per tradurlo al carcere di Rebibbia di Roma. Ad attendere quest'oggi all'aeroporto di Ciampino l'ex terrorista mai pentito dei 'Proletari armati per il comunismo', ci sarà il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede. È quanto fa sapere il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria.

«L'abbiamo preso. E ora dovrà marcire in galera - ha scritto il ministro dell'Interno e vicepremier, Matteo Salvini, in una lettera al quotidiano Leggo -. Cesare Battisti non è un perseguitato o un semplice scrittore di romanzetti: è un terrorista comunista. Un assassino. Un codardo. Da decenni si era rifugiato all'estero per non pagare le sue colpe. È stato protetto e coccolato da donne e uomini di sinistra, presunti intellettuali, vip e politici».

«Ora la pacchia è finita - spiega Salvini -. Merito di un governo che ha ridato prestigio all'Italia. Non è un caso se il nuovo presidente brasiliano, Bolsonaro, aveva promesso pubblicamente di riconsegnarci Battisti. Ha mantenuto la parola, dando prova di una serietà e di una lealtà per cui lo ringrazio a nome degli italiani. Oggi il nostro Paese ha rialzato la testa».

« Non siamo più l'Italietta che l'Europa trasformava nel campo profughi del Mediterraneo e che veniva snobbata dalle superpotenze mondiali. Stiamo vivendo una nuova fase. In poco più di sei mesi abbiamo fatto quello che altri governi avevano provato a realizzare in decenni, fallendo». La lettera si conclude con un invito ai familiari delle vittime del terrorista: «Aspetto le famiglie rovinate da Cesare Battisti al Viminale. Mentre le nostre galere aspettano lui. La pacchia è finita. Era ora».

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