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Israele spara sull'Unifil, colpite anche basi italiane. Feriti due caschi blu indonesiani

L’ordine per i militari dell’Unifil, schierati lungo la Linea blu al confine, era di restare protetti e non uscire dalle basi, ma di continuare a presidiare le loro postazioni, nonostante i ripetuti moniti dell’Idf a spostarsi per facilitare le sue azioni contro Hezbollah.

L’allerta era molto alta da giorni, anche da prima che Israele il 29 settembre decidesse di entrare con le sue truppe in Libano. L’ordine per i militari dell’Unifil, schierati lungo la Linea blu al confine, era di restare protetti e non uscire dalle basi, ma di continuare a presidiare le loro postazioni, nonostante i ripetuti moniti dell’Idf a spostarsi per facilitare le sue azioni contro Hezbollah. Perfino i leader del partito di Dio avevano ordinato ai loro miliziani di non mettere in pericolo i caschi blu. Ma il pericolo è arrivato proprio dall’esercito israeliano che ha "deliberatamente" preso di mira la forza di pace dell’Onu: nel suo quartier generale a Naqura, dove sono rimasti feriti due militari indonesiani, e le due basi italiane 1-31 e 1-32A.

La reazione italiana

Immediata la reazione dell’Italia, che con circa 1.200 soldati schiera il contingente più numeroso dell’Unifil. "Inammissibile", ha commentato la premier Giorgia Meloni, in contatto con Guido Crosetto che ha convocato l’ambasciatore designato di Israele, Jonathan Peled, per esprimergli l'indignazione e la protesta del governo e dell’intero Paese. E per ricordargli che «né l’Onu né l’Italia prendono ordini da Israele», che continua ad intimare ai caschi blu di ritirarsi.

Gli attacchi e le conseguenze

Secondo la ricostruzione del portavoce dell’Unifil, Andrea Tenenti, questa mattina un carro armato Merkava dell’Idf «ha sparato verso una torre di osservazione presso il quartier generale di Naqura», colpendola e facendo cadere i due caschi blu che sono rimasti feriti. «Le ferite sono fortunatamente, questa volta, non gravi, ma rimangono in ospedale», ha aggiunto.

L’esercito israeliano ha quindi colpito la posizione Unp 1-31, dopo aver sorvolato ripetutamente la base con un drone, colpendo l’ingresso del bunker dove si erano rifugiati i caschi blu italiani, hanno confermato all’ANSA anche fonti dell’intelligence militare libanese. Nell’attacco sono stati danneggiati veicoli, i sistemi di comunicazione tra la base e il comando di Naqura, e le telecamere di monitoraggio perimetrale della posizione.

Le azioni contro le basi italiane

Infine l’Idf ha sparato anche sull'altra postazione, «la Unp 1-32A, dove si tenevano regolari riunioni tripartite (tra libanesi, israeliani e i vertici Unifil) prima dell’inizio del conflitto, danneggiando l’illuminazione e una stazione di trasmissione», ha aggiunto Tenenti.

L’attacco di Israele all’Unifil avrebbe l’obiettivo di «costringerla a ritirarsi» per non avere «testimoni scomodi» in vista di «pianificazioni future» dell’esercito in Libano, ipotizzano fonti della sicurezza.

Le reazioni internazionali

Perfino dopo l’attacco, l'ambasciatore israeliano all’Onu, Danny Danon, ha «raccomandato» ai peacekeeper di «spostarsi di 5 km a nord per evitare pericoli mentre i combattimenti si intensificano e mentre la situazione lungo la Linea Blu rimane instabile a causa dell’aggressione di Hezbollah». Un invito che, nonostante il tentativo di accusare i miliziani libanesi, dopo quanto accaduto suona più come una minaccia. E che, ancora una volta, l’Unifil ha tuttavia respinto.

Condanne sono arrivate anche dall’Ue e dagli altri Paesi che contribuiscono all’Unifil, come la Spagna (nelle postazioni attaccate c'erano anche 49 spagnoli) e la Francia, che ricordano a Israele «il dovere di proteggere i caschi blu». Roma e Parigi hanno deciso, dopo un colloquio tra Crosetto e il francese Sebastien Lecornu, di riunire i Paesi europei che partecipano alla missione in una videoconferenza per la settimana prossima. Anche gli Stati Uniti hanno espresso «preoccupazione».

Situazione in peggioramento

Nel sud del Libano intanto continuano i combattimenti tra l'esercito israeliano e Hezbollah: l’Idf annuncia di aver ucciso due comandanti delle milizie filoiraniane e aver colpito depositi di armi a Beirut e nel sud del Paese. Il partito di Dio invece rivendica di aver colpito carri armati israeliani nel sud, proprio lungo la linea di demarcazione tra i due Paesi. Nuovi raid di Israele si segnalano anche nel centro della capitale libanese con numerose vittime. Secondo le autorità locali, il bilancio dall’inizio dei combattimenti è salito a 2.169 morti e oltre 10 mila feriti.

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