«Abitavo vicino al vulcano a Catania, ma questo è stato uno tsunami di acqua e fango molto più pericoloso della lava. È accaduto tutto in pochi minuti. Nessuno aveva dato l’allarme». È il racconto all’ANSA di Gaetano Marletta, 52 anni, titolare della autofficina 'Taller Marletta" a Paiporta, nella periferia di Valencia, epicentro dell’alluvione che ha devastato l’est della Spagna. «L'acqua è salita a tre metri in pochi minuti. Io ho avuto solo il tempo di prendere le chiavi di casa e scappare, che già ero immerso fino al collo», aggiunge mentre con una scopa indica su un muro il livello raggiunto dalla piena due giorni prima.
"Il lavoro in autofficina l’ho ereditato da mio padre, sono cresciuto tra i motori. Martedì sera lo tsunami di fango si è portato via il lavoro e i sacrifici di una vita. Ma grazie a Dio sono in salvo le mie due figlie, che vivono a Torrente, mentre io mi sono rifugiato a casa di un amico ad Albal». Marletta parla in quello che sembra uno scenario di guerra, con tutte le strade inondate da mezzo metro di melma e decine di auto accatastate, i negozi di tutta Paiporta chiusi e devastati e la popolazione rimasta senza luce e acqua potabile da oltre 48 ore. Lui sta aspettando che la Protezione Civile, arrivata in questo comune di circa 25.000 abitanti solo stamattina, vada in suo soccorso per aiutarlo a pompare il fango dalla sua autofficina.
«Quando abbiamo iniziato a sentire le sirene della polizia, il fiume straripato aveva già invaso tutta la città. È stata un’ondata di piena che dal bacino del Poyo ha travolto Chiva, Cheste, Torrente, Catarroja ed è arrivata fino a qui». Adesso, aggiunge, «cercherò di capire che danni ripagherà l'assicurazione. Dopo quasi 20 anni in provincia di Valencia, ora dovrò ricominciare da zero», dice. Marletta aveva infatti trasferito la sua attività a Paiporta nel 2007, quando lasciò Catania per partire con la moglie e le due figlie, che oggi hanno 22 e 24 anni.
«Da siciliano avevo scelto Valencia anche per il clima mediterraneo. Qui piove spesso, anche forte, ma non è stata la pioggia a provocare la tragedia. Martedì sera — ricorda — non ha quasi piovuto, e in mancanza di un’allerta nessuno aveva preso precauzioni». La piena del fiume, spiega, ha travolto tre ponti a Picaña, un comune vicino rimasto isolato. Poi è arrivata a Paiporta, dove, con le ultime vittime ritrovate, tra cui una 34enne e il figlioletto di tre mesi, il tragico bilancio dei morti è già salito ad almeno 45. «Per risollevarsi e tornare alla normalità ci vorranno degli anni», riflette addolorato il meccanico catanese.
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