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M5S e Lega trattano con Tria e chiedono un deficit fino all'1,8-1,9%

Giovanni Tria

Alzare il più possibile l’asticella del deficit per avere a disposizione le risorse per avviare le tre priorità del governo gialloverde, flat tax, superamento della legge Fornero sulle pensioni e reddito di cittadinanza. Tra la linea, prudente, del ministro dell’Economia Giovanni Tria, che vorrebbe indicare nella nota di aggiornamento al Def l'1,6%, e gli alleati di governo che spingono per avvicinarsi alla 'soglia psicologica' del 2% (se non addirittura sfondarla), potrebbe essere trovata una soluzione di compromesso, fissando nella Nota di aggiornamento al Def il rapporto all’1,8/1,9%.

Il deficit resta insomma uno dei nodi al centro delle riunioni che si susseguono a Palazzo Chigi, perché dagli spazi che si possono ottenere discendono tutte le altre coperture, ancora in via di definizione. Fissando l’indebitamento programmatico all’1,8% si libererebbe un punto di Pil rispetto al tendenziale, circa 17 miliardi, anche se 12,5 servono per sterilizzare gli aumenti dell’Iva.

Sulla manovra «è tutta una fumata bianca», rassicura il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, che nel pomeriggio, tra una riunione e l’altra, ha anche incontrato il ragioniere generale dello Stato, Daniele Franco, dopo le tensioni degli ultimi giorni per gli attacchi da parte del Movimento 5 Stelle. Per la decisione finale c'è ancora qualche giorno, visto che la deadline per mettere nero su bianco il nuovo quadro macroeconomico dell’Italia e gli intenti dell’esecutivo sarebbe il prossimo 27 settembre, al rientro del premier dall’assemblea generale dell’Onu a New York, ma potrebbe anche slittare al giorno successivo.

Fondamentale rimane comunque garantire che il debito continui sul suo percorso di discesa e che il saldo strutturale migliori pur lievemente o quanto meno non peggiori. L’Italia «è un paese sovrano come la Francia» sottolinea il vicepremier Luigi Di Maio commentando la scelta di Parigi di mettere in campo una manovra espansiva per contrastare il rallentamento dell’economia con 26 miliardi di tagli di tasse. La Francia, è vero, ha annunciato un deficit del 2,8% che si confronta con l’attuale 2,6% e, va ricordato, ha un debito che scenderà al 96% nel 2019. Non si tratta, ha comunque spiegato Di Maio, di arrivare al 2,8% ma di raggiungere «il fabbisogno che serve a finanziare misure non più rinviabili». Tra queste il vicepremier non manca di indicare il reddito di cittadinanza che, dice, andrà anche ai 'working poor', «quelli che pur lavorando guadagnano meno della soglia di povertà», che sono «purtroppo sempre di più».

Per mettere a punto l’intervento le risorse arriveranno in parte dall’extra-deficit in parte dai "tagli agli sprechi» che, assicura Di Maio, non saranno tagli lineari alla sanità. «Ai servizi sanitari neppure un taglietto" anzi, bisognerà fare «nuove assunzioni» e nel contempo "allontanare i dirigenti politicizzati». Tutta da definire anche la pace fiscale, altro punto dolente tra i due partiti di maggioranza.

La Lega va avanti con l’idea di fissare il limite per il 'saldo e stralcio' ai debiti fino a 1 milione di euro. Soglia che però è «inaccettabile» per il Movimento, preoccupato di passare per chi dà via libera a un vero e proprio condono. «Non ci sarà nessuna pietà per chi cerca di fregare lo Stato e gli altri cittadini» e per chi farà il 'furbò nel decreto fiscale di fine settembre, annuncia sempre Di Maio, «verrà previsto il carcere per chi evade». La 'pace fiscalè, però, potrebbe viaggiare con un altro provvedimento ad hoc, collegato alla manovra che, nelle intenzioni del governo, dovrà essere 'leggerà e demandare a vari collegati per materia le misure di dettaglio.

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