Un vero governo del cambiamento non può fermarsi davanti ai 'decimali', perché va dato subito un segnale forte su tutte le priorità indicate nel contratto gialloverde. E per farlo bisogna spingere il deficit, già con la nota di aggiornamento al Def, oltre il muro del 2%, almeno al 2,4%.
A meno di 24 ore dal varo del documento che farà da cornice alla manovra di bilancio il Movimento 5 Stelle lancia la sua sfida al ministro dell’Economia, Giovanni Tria, e all’ala 'prudente' dentro e fuori l’esecutivo, che cerca di mantenere l'argine entro l’1,9% per evitare di andare allo scontro frontale con la Commissione europea.
Luigi Di Maio cerca la sponda della Lega per forzare sul deficit e si sta confrontando con Matteo Salvini, che cerca di smorzare la tensione spiegando che l’accordo di massima sulla manovra c'è e «i decimali sono l’ultimo dei problemi, nessuno fa o farà gesti eclatanti per uno zero virgola». Il nodo sarà comunque sciolto domani, in un nuovo vertice di governo al rientro del presidente del Consiglio da New York.
Giuseppe Conte, nel ruolo di mediatore, ha seguito gli sviluppi della trattativa e si è limitato a dire che se si andrà o meno oltre il 2% «lo saprete domani (oggi, ndr) dopo il Consiglio dei ministri». Il premier ha comunque sottolineato la necessità di puntare su un "piano infrastrutturale serio», investimenti, cari anche al ministro Tria, che potrebbero essere la chiave per chiedere spuntare maggiori margini a Bruxelles.
Con la manovra, insiste il Movimento, oltre a iniziare ad abbassare le tasse sulle imprese (l'Irpef è rinviata al 2020) bisogna smontare la legge Fornero, come dice anche la Lega che ha limato la proposta anche oggi in un incontro tecnico con Salvini, e sempre Tria, secondo quanto fa filtra in casa 5 Stelle, frena. E bisogna «cancellare per sempre la povertà assoluta» grazie al reddito di cittadinanza, scandisce Di Maio su Fb dopo aver minacciato ieri di non votare il documento se il reddito non sarà nel menù di Def e manovra. I soldi, assicura il capo politico 5 Stelle, «li abbiamo trovati» tagliando gli sprechi e intaccando «i privilegi dei potenti». Ma è sempre il Movimento a chiedere, di fatto, di costruire l’intera manovra in deficit, visto che deficit al 2,4% significa liberare con un maggiore indebitamento di 1,6 punti di Pil, circa 27 miliardi. Una linea difficile da digerire a via XX settembre dove si mantiene l’asticella, già complicata da spiegare a Bruxelles, all’1,9%. Bisogna disegnare una «manovra di crescita» ma che non crei «dubbi sulla sostenibilità del nostro debito» che deve continuare a scendere, ha ribadito davanti a Confcommercio Tria. Una combinazione impossibile se si va oltre il 2%, cifra che farebbe sicuramente peggiorare il saldo strutturale.
Il ministro non entra direttamente nelle polemiche sul suo ruolo ma ricorda di avere giurato «nell’interesse della nazione e non di altri, e - sottolinea - non ho giurato solo io». Parole cui i due vicepremier ribattono sottolineando che «l'interesse della nazione è che la gente torni a lavorare e paghi meno tasse», come dice Salvini, e che quest’anno la manovra sarà «per i cittadini» come continua a ripetere Di Maio.
Gli impegni con l’Europa, incalza Di Maio, saranno rispettati nel senso che si starà «sotto il 3%», con buona pace di Pierre Moscovici che ha ribadito la necessità per i conti italiani di mantenere il deficit entro il 2%. «Non può certo farci la morale», attacca il vicepremier, visto che chiede di non violare regole che per primo non ha considerato da ministro dell’Economia francese. «Stiamo lavorando per la crescita della ricchezza degli italiani e non sarà certo un euroburocrate a fermarci». Né euroburocrati né «tecnocrati dei partiti» messi dalla politica nei posti chiave dello Stato, una «zavorra del vecchio sistema di cui dobbiamo liberarci».
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