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Trivellazioni nello Ionio e in Calabria, gli ambientalisti contro il Governo

Il caso delle trivelle nel mar Ionio continua ad alimentare polemiche e adesso tra Governo e associazioni si profila una vera e propria battaglia senza esclusione di colpi. Un caso che riguarda da vicino anche la Calabria visto che ieri il Consiglio Stato ha dato il via libera alle trivellazioni rigettando il ricorso della Regione al termine di un iter giudiziario lungo due anni e con continui ribaltamenti. La sentenza dei giudici di Palazzo Spada dà torto al governo calabrese, condannato anche a pagare le spese legali, ma la questione acquista sempre più risonanza a livello nazionale.

«I ministri Di Maio e Costa devono dire la verità agli italiani - incalza Angelo Bonelli dei Verdi, tra i primi a lanciare l'allarme sulle trivelle -. Il ministero dello Sviluppo economico ha rilasciato l'autorizzazione per i permessi di ricerca nel mar Ionio il 7 dicembre. Noi siamo in grado di produrre un atto della Regione Puglia che ha dichiarato il parere negativo su quelle opere dal punto di vista dell'impatto ambientale. Di quelle cose non si è tenuto conto e per questo noi ci rivolgeremo alla procura della Repubblica di Roma».

«Non è vero quanto hanno detto i ministri Di Maio e Costa che non hanno autorizzato le trivelle nel Mar Ionio - ha detto Bonelli a Roma nel corso di una conferenza stampa davanti a Montecitorio -. Sul sito del Ministero dello Sviluppo economico queste autorizzazioni sono visibili da pagina 25 fino a pagina 38 del Buig (Bollettino ufficiale degli idrocarburi e delle geo risorse), firmate dal direttore generale».

Secondo Bonelli «in data 2015 la Regione Puglia ha espresso un parere negativo di valutazione di impatto ambientale su quelle opere. Il ministro Di Maio poteva tranquillamente verificare il dossier trivelle e sulla base di questo parere chiedere un'ulteriore istruttoria. È stato disattento, spero solo disattento. Ieri il ministro Costa ha annunciato che presenterà una norma per fermare quaranta permessi di ricerca - ha proseguito l'esponente dei Verdi -. Abbiamo letto stamani sui giornali che per un disguido tecnico questa norma non è stata presentata nella finanziaria. Ma il 7 dicembre è stata firmata l'autorizzazione per tre permessi di ricerca. Per quale ragione questa norma non è stata presentata prima? Se questa norma verrà presentata nei prossimi giorni, ne dedurremo che i tre permessi nel mar Ionio si sono salvati sul filo di lana. Queste cose le chiederemo ai ministri Costa e Di Maio, ma anche alla procura della Repubblica, perché vogliamo capire se tutto è chiaro», ha concluso Bonelli.

«Ci opponiamo ancora una volta ai permessi di trivellazione nel mar Ionio. Chiediamo che non vengano più rilasciate concessioni e che si attui da subito un procedimento per revocare quelle già esistenti», afferma Rosalba Giugni, presidente di Marevivo, che fa presente come "le associazioni ambientaliste" debbano «partecipare ai procedimenti in itinere e a quelli che saranno avviati riguardanti le autorizzazioni alle attività di ricerca e prospezione di idrocarburi e altre fonti energetiche nei mari italiani».

Per Marevivo «occorre un cambiamento delle leggi inserendo divieti di trivellazione anche in via d'urgenza. Le prospezioni non sono qualcosa di innocuo e violano la direttiva marina dell'Unione europea che richiede che non vengano emessi rumori che possano compromettere la biodiversità e gli ecosistemi - continua Giugni - la ricerca di combustibili fossili nei fondali dei nostri mari contrasta con la politica di decarbonizzazione tesa a combattere il cambiamento climatico». «Sono ormai ben noti i rischi per il mare - spiega Ferdinando Boero, vicepresidente di Marevivo - le prospezioni implicano l'utilizzo di tecnologie ad altissimo impatto sull'ambiente; le tecniche utilizzate potrebbero avere ripercussioni negative sulla fauna e sulla flora marina presenti» come 'l'air-gun'.

Inoltre, osserva Marevivo nella zona geografica dove sono stati rilasciati i permessi, nel mar Ionio e in particolare nel Golfo di Taranto, «si riversano le acque del motore freddo del Nord Adriatico che portano ossigeno nel mare profondo, permettendo lo sviluppo di una ricchissima fauna, inclusi i banchi di coralli profondi a Santa Maria di Leuca» ed è qui che «ha luogo il Bimodal oscillating system, un enorme vortice» che determina «il funzionamento degli ecosistemi adriatici e ionici». Per l'ex ministro Alfonso Pecoraro Scanio il governo dovrebbe smantellare «le norme dello Sblocca Italia di Renzi, condizione essenziale per bloccare le trivellazioni petrolifere. Il Golfo di Taranto deve diventare area marina protetta».

Sul caso delle trivellazioni il Codacons ha presentato una istanza d'accesso al Ministero dell'Ambiente e al Mise per ottenere copia di tutte le autorizzazioni rilasciate sulla vicenda. Si tratta, spiega l'associazione dei consumatori, «del primo passo per giungere al blocco di qualsiasi permesso rilasciato in favore delle trivellazioni nel Mar Ionio. Con la nostra istanza chiediamo ai sensi della legge 241/90 di visionare tutti gli atti amministrativi, i quali saranno sottoposti al vaglio del nostro staff di legali ed esperti e, in caso di irregolarità o mancanza di presupposti, impugnati nelle competenti sedi con annessa denuncia per disastro ambientale».

Intanto il governatore della Puglia, Michele Emiliano, ha annunciato che impugnerà le autorizzazioni: «Sulla vicenda trivelle i ministri Di Maio e Costa hanno affermato che, una volta intervenuta la Via favorevole, l'autorizzazione sarebbe un 'atto dovuto' e il dirigente, a meno di non compiere un reato, non avrebbe potuto negarla. I ministri, trincerandosi dietro una assurda e inesistente ipotesi di reato, hanno volutamente omesso di considerare che, in sede di autotutela, l'amministrazione statale avrebbe potuto disporre il riesame Via».

La replica del Governo è arrivata da Dario Galli, viceministro allo Sviluppo Economico: «Noi non siamo ambientalisti a prescindere, a differenza dei Cinque Stelle, se c'è una cosa che offre un vantaggio significativo economico, ci si ragiona» e «se per un vantaggio marginale si fanno danni ingenti all'ambiente, l'Italia non può permetterselo», ha affermato in un'intervista al Corriere della Sera,-

Sull'ipotesi di una retromarcia «valuteremo», afferma Galli, «senza ideologie o pregiudizi. Cercheremo di capire se queste concessioni date in maniera molto leggera nella scorsa legislatura portano più vantaggi o svantaggi. Ma non siamo trivellatori a tutti i costi. Non ne faremo la battaglia della vita, come su altri temi ideologici. Noi siamo per la difesa dell'ambiente e la tutela del paesaggio. E, ripeto, il pozzo di petrolio non è un treno e se ne può discutere. Ma siamo anche per una produttività che possa innalzare il livello di qualità della vita dei cittadini. E soprattutto siamo contro chi è sempre contro», conclude.

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