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La (quasi) svolta di X Factor, nuove alchimie ridonano slancio al talent

Chi l’avrebbe mai detto che quella che, sulla carta, sembrava la giuria più sconclusionata di tutte precedenti 17 edizioni di X Factor, all’atto pratico si è rivelata una delle meglio assortite?

Il (quasi) colpo di spugna della produzione era certamente necessario per dare una sterzata al declino del talent degli ultimi anni e, se le puntate che seguono non tradiranno le aspettative maturate giovedì nel corso della prima tornata di audition 2024 su Sky, questa stagione si profila quantomeno divertente.

In quota “esperienza”, spicca Manuel Agnelli, anche se la sua barba bianca con capello castano, fa immaginare una trasgressività che si arrende di fronte alla tinta delle chiome. La quota rosa, invece, è appannaggio di Paola Iezzi, senza la sorella Chiara, che mostra una competenza insospettabile, quantomeno per noi che pensavamo a Vamos a bailar fosse il suo picco autoriale. Di Jack la Furia, possiamo dire che, a dispetto del nome, mostra una natura pacata ma soprattutto la capacità di stemperare nell’ironia ogni accenno di tensione. Il meno risolto nel ruolo è ancora Achille Lauro, ma da alcune interazioni spontanee con i colleghi e dalle valutazioni realistiche sui concorrenti si capisce che prende molto sul serio il suo ruolo.

La diversità di stili, personalità e provenienze dei giudici, magicamente si trasforma in affiatamento e humor e, almeno per adesso, mette in secondo piano la competitività che aveva appannato alcune precedenti edizioni.
Seppure nel corso delle audition il ruolo di conduttrice è sfumato, Giorgia si mostra spigliata ed empatica con concorrenti e familiari, tanto quanto basta per farla apprezzare.

Quello che, invece, è emerso – finalmente senza ipocrisie – è il dibattito su due temi cardine dei talent, ovvero l’abitudine dei cantanti di sostituire le strofe delle canzoni con rime di loro creazione e l’uso dell’autotune. Nel primo caso, come ha sottolineato Manuel Agnelli, “l’urgenza” dei giovani aspiranti cantautori nel far prevalere il loro pensiero su musiche altrui, non sempre è all’altezza della versione originale, e comunque, maschera il rifiuto snob di presentare una cover con la presunzione autoriale, nel secondo caso l’ausilio tecnico per migliorare la voce spesso nasconde una vera e propria difficoltà nell’intonazione.

Ed è un bene che, su queste abitudini ormai assodate nei talent si sia aperta la riflessione, che valorizza l’esperienza musicale e la capacità di tenere la scena a lungo e non diventare una delle solite meteore.

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