Uno pseudonimo. Uno schermo. In fondo era una semplice traduzione del suo nome, in quell'inglese che l'ha protetto per parecchio tempo (prima Mike Bird, poi Cinemaboy, infine Michele Merlo per firmare “Cuori stupidi”, l’anno scorso). Ma bastava, a limitare l'impatto, a limare quel patto. Quello stipulato con la popolarità, quando mostrare l'anima attrae e respinge, quando sei entrambi i poli.
C'era lavoro dietro al suo travaglio e travaglio dentro al suo lavoro. C'erano le lotte, gli scontri senza sconti, ingaggiati con la fame di fama. Però Michele è stato sempre Michele, ma vero. Ha incassato le delusioni (dopo X Factor, decima edizione, dove era arrivato fino ai bootcamp ma non era stato selezionato da Arisa, a Sanremo 2020, dove aveva portato la canzone “Vorrei proteggerti dal mondo”) e i crediti di Amici.
Ha scritto, ha suonato. Ha cantato, l'ha cantato, si è cantato. Ci ha messo la faccia coi «bordi della bocca screpolati», lo ha ricordato Emma nel suo post. E ce l'ha rimessa in mente a tutti, quella carnagione scura con gli occhi in là, quel modo «basato» di rivolgersi al mondo, pure quando il mondo, dall'alto della propria sedia, lo ha giudicato.
Ci sta, è nell'ordine naturale delle cose, di una carriera sana e lontana. Niente di più lontano da quel "fulminante" che se l'è portato altrove. Che oggi stride come quando salta una corda al cuore.
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