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Crisi di governo, faccia a faccia Di Maio-Zingaretti: tensione sul nome di Conte

Francesco D'Uva e Stefano Patuanelli

Avanti tutta sul nome di Giuseppe Conte per la guida del nuovo esecutivo giallo-rosso. Il Movimento Cinque stelle imprime un'accelerazione rischiosissima alla trattativa iniziata solo poche ore fa con l'incontro tra i capigruppo a Montecitorio. E lo fa attraverso il primo faccia a faccia tra i leader, Luigi Di Maio e Nicola Zingaretti. Con il segretario Dem che non intende rompere ma gli replica seccamente che serve "un governo di Svolta, non per una questione personale, ma per rimarcare una necessaria discontinuità" con l'esecutivo giallo-verde. Che non sia rottura però lo si capisce dalla nota della segreteria di Zingaretti che conferma come Di Maio abbia posto una condizione sul nome di Giuseppe Conte ma definisce il colloquio "cordiale" rimandando ad un altro incontro "nelle prossime ore". Secondo alcune fonti il leader M5s avrebbe chiesto una risposta veloce sul nome di Conte, al massimo 24 ore.

Secondo altre ci sarebbero spazi di mediazione ancora da approfondire. Serata ad altissima tensione, quindi. Che vedrà impegnati i Dem in una complessa discussione che alla velocità della luce è passata dal programma ai nomi. Naturalmente motore di questa accelerazione è stato Beppe Grillo che oggi si è manifestato ruvidamente proprio all'avvio di questa complicata trattativa. "Giuseppe Conte non si lancia in strambe affermazioni, mostra e dimostra un profondo senso di rispetto per le istituzioni, insieme ad una chiara pacatezza ricca di emozioni normali, senza disturbi della personalità. La politica è mediazione o mediocrizzazione?", ha scritto Grillo sul suo blog. Un endorsement pesante che non poteva essere ignorato dal Movimento. Ma la trattativa è appena avviata e forse il nodo Conte potrebbe essere superato nelle prossime ore in un altro passaggio di questa stranissima crisi.

 

L'incontro del pomeriggio fra le delegazioni

A dispetto delle previsioni pessimistiche dei detrattori e degli ostacoli che si frappongono al dialogo tra M5s e Pd, sembra partire senza intoppi la trattativa tra le due forze politiche per arrivare ad un’intesa che porti alla formazione di un nuovo governo. In questo senso, il faccia a faccia in serata tra Luigi Di Maio e Nicola Zingaretti potrebbe segnare un punto di svolta.

Al tavolo di confronto tra le delegazioni dei due partiti, guidate dai capigruppo parlamentari dei due schieramenti e, per il Pd, anche dal vicesegretario Andrea Orlando, è stata testata una prima volontà di intesa: sulle condizioni poste dai due interlocutori «non ci sono problemi insormontabili» tranquillizzano i due schieramenti.

Il Pd ha posto la sua prima condizione: «Abbiamo chiesto al M5S che questa interlocuzione sia l’unica come condizione per affrontare gli ulteriori punti» mette in chiaro Orlando ricevendo le prime indirette rassicurazioni che fino a ieri non erano state esplicitate in modo diretto dal Movimento. «Non abbiamo tavoli con altre forze politiche. Questo è il tavolo principale» chiarisce il capogruppo M5s alla Camera, Francesco D’Uva e il senatore Andrea Marcucci, anche lui al tavolo come capogruppo dem, commenta soddisfatto: «E' molto positivo che il M5s tenga aperto un solo forno». Ora però i dem chiedono che la decisione venga formalizzata «in modo chiaro al capo dello Stato».

Da parte dei 5 Stelle le condizioni erano già state messe sul piatto: si discute a partire dal nodo del taglio dei parlamentari. «Abbiamo chiesto garanzie su questo» mettono in chiaro i pentastellati. E «noi siamo disponibili a un calendario rapido» su questa legge ha rassicurato il capogruppo dem alla, Graziano Delrio, subito dopo la riunione dei vertici che si è tenuta al Nazareno dove la delegazione Pd ha riferito a Nicola Zingaretti e al presidente Paolo Gentiloni l’esito del tavolo.

Per il momento fonti 5 Stelle escludono contatti tra i leader dei due partiti nel week end ma il Pd ha già convocato i suoi domenica pomeriggio per lavorare ai tavoli tematici per scrivere «il programma del Governo di svolta». Il dialogo insomma è avviato nonostante diversi paletti arrivati a disturbare l’inizio del dialogo.

La giornata si è infatti aperta con dure parole di Matteo Renzi contro l’ex Presidente del Consiglio Paolo Gentiloni, accusato di aver provato a far saltare l’intesa tra i due partiti facendo filtrare alla stampa la questione delle tre condizioni poste dal Nazareno al Movimento per una trattativa. Soffiando sul fuoco alzato dai 5 Stelle che contrastano l’accordo con i dem. Polemica smorzata da Zingaretti che ha subito smentito le ipotetiche mosse di Gentiloni.

Ma anche nella squadra dei 5 Stelle i veleni continuano: torna in campo Alessandro Di Battista chiedendo di alzare il tiro della trattativa: non solo il taglio dei parlamentari ma anche il taglio delle concessioni autostradali ai Benetton. Parole apprezzate dal sottosegretario agli Esteri Manlio Di Stefano: «Di Battista dice di alzare la posta? L’ho detto anche io. È chiaro che in questa fase siamo noi che dettiamo l’agenda necessariamente: i numeri in parlamento parlano chiaro». Anche Luigi Di Maio sembra essere d’accordo: «Con Alessandro ci sentiamo sempre. È chiaro che il concetto espresso da lui non solo è legittimo ma sano in una democrazia». Di Battista sembra sempre più vicino ad entrare nella rosa dei candidati che potrebbero far parte del nuovo governo che i 5 Stelle vorrebbero presieduto dal premier uscente Giuseppe Conte. Una questione su cui interviene netto Beppe Grillo: «Qualsiasi cosa che preveda di scambiare lui, come facesse parte di un mazzo di figurine del circo mediatico-politico, sarebbe una disgrazia. Ora ha pure un valore aggiunto: l’esperienza di avere governato questo strano paese. Benvenuto tra gli Elevati» dice cercando di difenderlo dal tritacarne del totonomine e preservarlo come nuova figura di riferimento del M5s.

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